Il Prof. Sheridan non riusciva assolutamente a riposare. I pensieri continuavano ad accavallarsi nella sua mente. Davvero quel giovane medico gli aveva preso il cuore. E lui era determinato non solo a salvargli la vita, ma doveva riuscire a rimetterlo in piedi e, cosa più importante di tutte, a permettergli di rivedere il volto della sua amata Kate.
Controllò l’orologio. Le 2.15 di mattina. Guardò il soffitto, sbuffò e decise di alzarsi e raggiungere nuovamente la stanza di Christian.
Non appena fu in prossimità della porta, notò la giovane poliziotta che silenziosamente usciva dalla stanza ed accostava delicatamente la porta.
“Kate…”
Lei alzò lo sguardo stanco. “Professor Sheridan…” gli sorrise “sono riuscita a farlo tranquillizzare e ora dorme un po’. Mio padre gli ha somministrato dei leggeri sedativi ed ora … bah… oddio… dire che dorme tranquillamente è eufemistico …” concluse amaramente, le lacrime ora le scendevano copiose sul volto, tradendo una tensione che per amore aveva dovuto nascondere al giovane chirurgo.
Di slancio abbracciò l’anziano ricercatore. “Grazie … grazie professore, per tutto quello che sta facendo per lui…” singhiozzò affondando il volto stretta nell’abbraccio del professore.
“Dai ora, su, riprenditi cara. Christian non deve avvertire il tuo dolore e la tua preoccupazione. Dobbiamo infondergli fiducia. Una parte del lavoro dovrà farla lui. Io posso solo assicurarmi che l’antidoto funzioni fino in fondo e perda gli effetti collaterali che ora ce lo hanno lasciato in queste condizioni. Ma è anche lui che deve crederci…Ora vorrei vederlo, approfitto che sta dormendo e faccio qualche controllo superficiale".
Kate annuì, asciugandosi le lacrime. “Credo che andrò a prendere un the caldo. Forse mi calmerà abbastanza per aiutare Christian.”
Il Professor Sheridan le sorrise. “E’ una buona idea. Ricaricati più che puoi, Christian ha tanto bisogno di te ora…”
La giovane poliziotta sorrise e si avviò stancamente verso la sala ristoro del piano, quella che il suo Christian amava dividere con suo padre, con Liz e con Grace … le sembravano tempi così lontani ora, quando attraverso la chat lui le raccontava le sue giornate in clinica, facendola inorridire ogni volta che le descriveva i momenti più truculenti degli interventi che eseguiva, facendolo apposta perché sapeva che lei odiava sentirgliene parlare.
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Il Professor Sheridan aprì delicatamente la porta ed entrò a passi lenti nella stanza avvolta dalla penombra. Solo il costante beep del monitor con le funzioni vitali di Christian rompeva il silenzio della camera. Un paio di flebo erano state riattaccate alle braccia oramai martoriate del giovane chirurgo. Servivano per cercare di aiutare l’opera di depurazione già iniziata dall’antidoto.
Christian stava dormendo un sonno agitato. Il professore si avvicinò al suo letto e, presa una piccola torcia, ne puntò il sottile raggio sul volto del giovane. Niente. Nulla di nuovo. Le chiazze erano ancora lì e il respiro del chirurgo era comunque ancora troppo veloce per i suoi gusti.
Il sudore sulla fronte era ancora copioso. Era comunque un buon segno, la febbre doveva essere in calo, sebbene lo studioso fosse fermamente convinto che la temperatura di Christian era ancora a livelli non accettabili.
Prese dal tavolino vicino al letto il termometro digitale ed attese il beep. Sul display apparve 102 F (N.d.A.: e adesso vi voglio a capire la temperatura del nostro eroe in gradi Celtius…
).
“Ragazzo mio, siamo ancora lontani … tu non lotti abbastanza …”
Come per risposta, dalla bocca di Christian uscì un gemito. Aprì lentamente gli occhi, ma qualche secondo dopo li spalancò nel vuoto.
“KATE!!! Dove …”
Il professore tentò subito di calmare Christian che stava cercando di alzarsi dal letto. Lo costrinse gentilmente a rimanere sdraiato.
“Christian, sono Sheridan. Stia calmo ora. Non deve assolutamente agitarsi, ha ancora la febbre alta…”
“Non la vedo … non vedo niente … NIENTEEEE!!!!” gemette rauco, il respiro reso pesante dalla febbre ancora alta. Si girò verso il professore, ma gli splendidi occhi verde/blu inorriditi dal buio. “Dov’è Kate? Voglio Kate…”
“Su figliolo, stia calmo. E’ andata a bere un the, tornerà presto. Ora la prego, cerchi di tornare a dormire. Le prometto che domani starà meglio.”
Christian dopo pochi interminabili secondi tornò ad appoggiare il capo sul cuscino, lo sguardo sempre fisso nel vuoto. “Rimarrò così, vero? E che non me lo vuole dire, eh professore?”
Sheridan rimase colpito dalla freddezza e dalla durezza improvvisa della parole. Sembrava calmo ora, ma di certo il vecchio professore avrebbe preferito parole più agitate. La consapevolezza che ora albergava in Christian Troy gli faceva paura.
Si schiarì la voce. “Mi ascolti bene, figliolo. Le ho detto che starà bene e sarà così. Solo deve credere in se stesso. Deve darmi una mano anche lei. Lo faccia per se stesso, lo faccia per … lo faccia per Kate! E’ preoccupata da morire, non deve cedere adesso, mi creda ha passato dei momenti terribili ma il suo fisico ha retto. Lei è giovane e forte, sono convinto che questa situazione sia momentanea. La stiamo vivendo insieme perché, ragazzo mio, lei è l’unico sopravvissuto al momento al trattamento che le è stato riservato…”
Christian non rispose e per qualche minuto la stanza tornò come prima, con il solo rumore delle macchine a farla da padrone.
D’improvviso il giovane chirurgo sollevò, per quanto il tutore lo consentisse, la mano sinistra in direzione del ricercatore.
“Professore … lei ha parlato … con Kate?”
Sheridan gli strinse la mano. “Certo, ragazzo mio. E’ una perla di ragazza e la ama, davvero.”
Christian sorrise. “E’ entrata nella mia vita come un vento fresco che soffiava dalle montagne, una linfa vitale aggiunta al mio essere … è l’essenza stessa della vita, è la vita…”
Il professore per un attimo pensò che gli effetti della febbre avessero influenzato i pensieri del giovane, ma poi impallidì, d’improvviso… anche lui … anche Charles una volta aveva avuto per Florence parole simili …
Ma certo … Charles diceva sempre che Florence per lui era *l’essenza stessa della vita…*
“Christian … ma dove …” riuscì a dire mentre si voltava a guardare il volto del chirurgo plastico.
Ma lui ormai, si era già assopito.
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Edited by eileen grant - 10/12/2003, 01:11