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CONNECTIONS, Un racconto originale

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OnlyJulian
view post Posted on 20/1/2005, 22:21




Questo sarà un racconto lungo, molto lungo. E' iniziato due anni fa e non è ancora finito. Lo posterò a pezzi, perchè non posso fare altro che rendervi partecipi delle varie rivisitazioni. Spero che vi piaccia, ma non linciatemi se non è così. Anche se accetto le critiche costruttive, aiutano a crescere... quelle ben vengano, davvero.
Avvertenza 1: non è ancora finito, e potrebbero volerci mesi ad avere la conclusione. pensateci prima di cominciare a leggere se vi sta bene!
Avvertenza 2: il genere è una commistione tra due generi che amo molto: la letteratura horror di tema vampiresco e il fascino di possedere un potere paranormale che ti renda diverso dagli altri.
Dopo queste premesse...ecco il capitolo 1.

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I (scritto tra il marzo 2003 e il novembre 2004-rivisitato il 18 gennaio 2005).

Le doleva la testa. Le faceva un male terribile, ma non poteva preoccuparsene ora. Ora aveva preoccupazioni più urgenti e poi sapeva benissimo a cosa era dovuto quel mal di testa. Era il suo potere. Aveva imparato a dominarlo, ma quanto si concentrava non per tenerlo a bada ma per sfruttarlo al massimo, come stava facendo ora, sottoponeva il suo corpo e il suo spirito a una dura prova.
Ora tutti gli sforzi di Lina erano rivolti a escludere tutti i molteplici pensieri di quel luogo dalla sua mente. Impedire che si intrufolassero in essa come insetti molesti, distogliendola dall'unica mente davvero importante che voleva percepire. Quella dell'assassino. Non era poi così difficile, perchè l'uomo aveva una personalità talmente forte che sentiva le sue sensazioni sovrastare tutte le altre quasi zittendole, come fossero urla in mezzo a tanti bisbiglii. Era la sua lucida pazzia a rendergli possibile questo? Lina non poteva saperlo. Di sicuro quell'uomo era intelligentissimo e non c'era nulla di mediocre nei pensieri che Lina percepiva. Ma erano pensieri di morte. L'assassino uccideva come respirava, per lui erano due necessità sullo stesso piano. Uccideva perché per lui l'atto dell'uccisione era come raggiungere l'orgasmo, perchè nessuna donna poteva dargli da viva lo stesso piacere che gli dava da morta, uccisa con le sue stesse mani.
Lina era lì per impedire che accadesse ancora.
Il night club era molto affollato, come era naturale che fosse data l'ora tarda. La gente si affollava sulla pista da ballo e le luci bianche facevano brillare i corpi sudati come se fossero coperti di rugiada.
Lina sedeva su uno sgabello presso il bancone, il bicchiere di martini davanti a lei giaceva intatto, dimenticato. Nonostante il leggero abito da sera rosso, sudava per il caldo. Percepiva il suo stesso calore e quello che si irradiava da tutti gli altri corpi, impegnati nelle danze o in amplessi trattenuti sulla pista da ballo.
Poteva percepire con la parte del suo potere che non controllava anche i pensieri di Omar, fermo un centinaio di metri alle sue spalle, vicino al poliziotto del quale Lina non conosceva il nome. Omar aveva abbassato le barriere che rendevano solitamente la sua mente impenetrabile e le stava infondendo coraggio, sapendo che Lina poteva senitre le sue parole come se le stesse pronunciando davvero.
So che puoi farlo, è alla tua portata. Trovalo Lina, trovalo...
Lina sentiva altrettanto chiaramente i pensieri del poliziotto: provava stizza nei suoi confronti, la considerava una ciarlatana e pensava di star perdendo tempo. Ma i suoi capi gli avevano ordinato così e lui obbediva. Era annoiato, odiava l'attesa e avrebbe desiderato essere a casa a vedere la finale di baseball in TV.
Sangue. Uno spasmodico desiderio di vedere il sangue scorrere tra la curva di due bei seni.
Lina dovette chiudere gli occhi per trattenere l'orrore che questo pensiero non suo le suscitava.
La mente dell'assassino le aveva di nuovo lanciato i suoi violenti impulsi. Lui non doveva essere lontano. Le arrivavano, una dopo l'altra come veloci flashback o fotografie di un album sfogliato velocemente, delle immagini come se fossero ricordi suoi. Immagini di donne morte, di donne uccise, come se lei le stesse contemplando nei luoghi delle loro uccisioni. Solo che Lina non le stava guardando. Stava solo leggendo nei ricordi dell'assassino. Lui era esultante, si sentiva intoccabile. Soprattutto ora che si apprestava a farlo di nuovo. A colpire ancora. Era bramoso, con un desiderio vicino a quello sessuale ma talmente animalesco nel suo fine che Lina dovette aggrapparsi al bancone con le mani per non cadere, soppraffatta da ciò che stava vedendo. Vedeva con gli occhi di lui che stava cercando, guardando nel night club alla ricerca della sua prossima vittima. Così vicino, dunque non si era sbagliata. Stava guardando la pista da ballo, ma dal lato opposto a dove stava lei. Lina si girò di scatto, ma vedeva solo una massa di corpi che si agitavano al ritmo della musica, coprendo qualsiasi visuale dell'altra parte della sala.
Intanto la mente di lui aveva focalizzato. Il cuore di Lina quasi mancò un battito. Vide chiaramente una splendida ragazza muoversi siunosamente al ritmo della musica, un vestito succinto che accarezzava il suo corpo con grazia. E splendidi capelli ramati. La voleva. L'assassino la desiderava. Già immaginava le sue urla di dolore mentre con il suo coltello...
Lina ebbe un mancamento. Quasi svenì e sarebbe caduta a terra se non si fosse aggrappata al bancone.
Omar fu accanto a lei in un attimo.
“Lina, tutto bene?”
“L'ho vista.” Lina si tirò su e si buttò tra le persone, alla ricerca del volto della ragazza che l'assassino aveva visto. E che stava ancora guardando, decidendo cosa fare. E come agire. Ma agire avrebbe agito, eccome se l'avrebbe fatto.
Omar si era buttato dietro di lei facendo segno al poliziotto senza nome di seguirli.
“ho visto la ragazza che vuole uccidere” ripeté Lina scostando le persone man mano che percorreva la pista. Scrutava i volti, incurante degli sguardi curiosi che alcuni le lanciavano.
“quindi lui è qui?”.
“sì”. Lina assentì impaziente scivolando tra le persone con la fronte aggrottata, per lo sforzo di non perdere la mente dell'uomo. Vide prima l'assassino della vittima, perché appena gli fu di fronte la crudeltà dei suoi pensieri la colpì con una tale violenza che quasi finì a terra, se Omar dietro non l'avesse sorretta prontamente. L'uomo corrispondeva agli identikit, un giovane dall'aria normale. Ma non c'era niente di normale nello sguardo da predatore con cui osservava la ragazza.
“E' lui Lina?” le bisbigliò Omar in un orecchio.
“è lui e vuole uccidere ancora”.
Omar velocemente si avvicinò al poliziotto che pronto stava già parlando al cellulare.Mise giù porntamente e Lina lo vide avvicinarsi al giovane. L'assassino si era fatto sospettoso nel vedere il poliziotto. Nonostante questi fosse in borghese l'altro aveva capito chi fosse. Lina aveva avuto ragione, era molto intelligente. Ora stava sognando di ficcargli un coltello in gola prima ancora che potesse apir bocca. Un ragazzo dietro di lei la sfiorò, distraendola con i suoi pensieri. Stava pensando che era difficile dire a Paula che non la amava più, che non la poteva sposare.
Lina sentiva il suo sguardo annebbiarsi. Il potere aveva prosciugato tutte le sue energie. Allungò una mano verso Omar e quasi lo strattonò, artigliandogli il braccio. L'assassino non stava solo pensando che gli sarebbe piaciuto avere un coltello, lui...
“attento, ha un coltello.” lo avvertì. Poi Lina svenne.

Edited by OnlyJulian - 20/1/2005, 22:22
 
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OnlyJulian
view post Posted on 21/1/2005, 07:55




II (scritto tra marzo 2003 e novembre 2004-riveduto il 20-01-05).

“Va meglio ora?”.
Omar porse a Lina una tazza di thé. Erano nel appartamento di lui, un attico che dava su Central Park. Omar l'aveva fatta sedere sul suo divano e prima di adagiarvisi lui stesso le aveva dato una coperta in cui avvolgersi ma Lina tremava ancora, seppur non in maniera incontrollabile come solo pochi minuti prima. Le succedeva sempre quando sforzava a tal punto il suo potere, Omar lo sapeva bene.
“sì, sto bene” rispose Lina lasciando cadere la coperta sul divano “ma ora sarà meglio che vada a casa. Alex sarà preoccupato di non vedermi ancora. E' molto tardi”.
Omar aggrottò la fronte:”non gli hai detto che eri a una cena dell'ambasciata, come d'accordo?”.
“Certo che l'ho fatto” rispose Lina stizzita di sentirsi riprendere, come se fosse nuova a simili giochi “ma nessuna cena finisce a notte così fonda, Omar. Alex non è mica stupido”.
E' solo troppo buono pensò Lina, ma non lo disse. Per precauzione non aveva più acceso il suo cellulare che giaceva spento e dimenticato nella borsetta. Lanciando uno sguardo in quella direzione sentì il familiare senso di colpa farsi strada in lei.
Omar non replicò alle parole di Lina, disse solo: “aspetta qualche minuto ancora per riprenderti del tutto, lo sai che usare il tuo potere ti debilita molto. Non puoi guidare in queste condizioni”. E lui non voleva e non poteva portarla a casa, e Lina sapeva benissimo perché. Perché temeva che vedendola ridotta in quello stato Alex si preoccupasse, facesse domande. Sospettasse qualcosa.
Più per abitudine che per altro si sentì in dovere di contraddire Omar: “sono pochi chilometri” precisò. Ma comunque non si mosse ancora, sorseggiava il suo thé a piccoli sorsi guardando Omar, il suo maestro ed amico.
Era più vecchio di lei, ma non di così tanti anni. Aveva da poco superato la quarantina. Da piccola le sembrava vecchio, ma perchè lei era una bambina e lui un adulto. Ma ben presto lo aveva visto per ciò che era, così come lo vedeva ora. Un uomo bruno, affascinante per non dire bello, dagli occhi scuri con uno sguardo così pentrante che era più semplice non guardarli se gli si voleva nascondere qualcosa. Come Lina in quel momento. Omar, che stava guardando davanti a sé, sentì lo sguardo di Lina e si girò a sorriderle con calore sincero.
“Sei stata brava” si complimentò.
Lina si alzò e si avvicinò all'enorme vetrata che dava sul parco. Impossibile stancarsi di una vista così bella e lei vi si affacciava ogni volta che ne aveva l'occasione.
Omar non poteva vedere il suo volto ma sentì l'ironia delle sue parole quando Lina rispose: “oh sì, sono stava brava. Lo sono sempre, no?”.
Omar corrugò la fronte. C'era una nota stonata in Lina stasera: “c'è qualche problema Lina?” poi, prima che lei potesse replicare, si portò alle sue spalle. Posò le sue mani su di esse, cercando di non badare al brivido che quel contatto gli procurava.
“Lo sai che se c'è qualche problema con me ne puoi parlare. Anzi, ne devi parlare. Io sono la tua guida e sai che devi contare su di me”.
Non era tra i poteri di Omar quello di leggere la mente degli altri ma mai come in quel momento gli sarebbe piaciuto averlo. Averlo per vedere cosa passava in testa a Lina.
Lei non rispose subito, tanto che Omar cominciò a temere non avrebbe detto nulla. Lui lasciò cadere le mani che gli ricaddero lungo i fianchi. Stava per allontanarsi da lei, quando Lina si girò a guardarlo e gli sorrise. Omar a vedere quel sorriso si rilassò. Il sorriso aperto, meraviglioso, splendente di Lina. Quando aveva cominciato ad accorgersi che lei era così bella? Omar non ricordava, ma di certo prima che Lina stessa se ne rendesse conto.
“In realtà no, non c'è nessun problema. Sono solo stanca e temo che ciò mi stia rendendo irritabile. Ti chiedo scusa” Alzò una mano porgendola a Omar. Lui le prese le dita, intrecciandole alle sue. Erano ancora fredde ma non più in maniera preoccupante.Anche questo rallegrò Omar.
“Mi chiedevo se era possibile prendermi una piccola vacanza.” gli domandò Lina, a bruciapelo.
Omar la guardava intensamente, tanto che per un attimo Lina ebbe davvero paura che a dispetto di tutto lui fosse in grado di leggere i suoi pensieri e vedere che lei gli stava mentendo. Omar le scrutava con occhi esperti il viso, passandole la mano libera sulla fronte.
“Sei molto pallida in effetti. E sei dimagrita ultimamente. Non dormi bene la notte?”.
“No, ultimamente non molto”. Stavolta non era una menzogna.
“Incubi? Vuoi raccontarmi?” Omar si stava di nuovo allarmando e corrugò la fronte “potrebbe essere il tuo potere, ad alcuni telepatici accade. Bisognerebbe indagare”.
“No, nessun incubo.” cercò di tranquillizarlo lei “solo insonnia. Dovuta a normale stanchezza, non devi preoccuparti. Però sai che non posso costringermi a dormire”.
Omar assentì, lui lo sapeva bene. Era uno dei primi insegnamenti che veniva impartito. Sonniferi, droghe, tutto ciò che ottundeva la mente non andava bene perchè non consentiva di reagire prontamente in caso di attacco di un vampiro.
Omar le liberò la mano e le accarezzò brevemente il viso: “va bene, penso che una vacanza te la meriti. Dovresti convincere Alex a portarti da qualche parte.”
Nel sentire Omar pronunciare il nome del marito per la seconda volta quella sera Lina ebbe un'inspiegabile moto di fastidio.
“lo farò sicuramente” mentì “ora sarà meglio che vada”.
Omar stavolta non si oppose e la accompagnò alla porta. Uscì con lei nell'atrio e le chiamò l'ascensore, aspettando con lei che arrivasse.
“Ti telefono tra un paio di settimane, intanto riguardati. E, Lina...” la fermò per un braccio mentre la donna già stava entrando nell'ascensore “fai attenzione in queste due settimane. Riposati, ma rimani comunque all'erta. I vampiri potrebbero sempre cercare di attaccarti. Non abbassare del tutto la guardia, saresti troppo vulnerabile. Siamo d'accordo?”.
Le saliva alle labbra un commento rabbioso, Omar pensava davvero che potesse dimenticarsi del popolo oscuro? Era stata addestrata da quando era nata a non dimenticarsi mai di loro. Ma non disse nulla, se non: “d'accordo. Ci sentiamo tra un paio di settimane. Ciao, Omar”.
I loro occhi si guardarono un ultimo istante mentre le porte dell'ascensore si chiudevano. Lina lo vide avere un'esitazione, come se nei suoi occhi avesse visto qualcosa che l'avesse reso incerto. Lina temette che la richiamasse o la seguisse quindi si sbrigò. Appena uscì dall'ascensore si affrettò nel parcheggio sotterraneo, verso la sua auto.
“Mi dispiace, Omar” mentre la bisbigliava a sé stessa la frase le rimbombò nella testa con la violenza di una fucilata.
 
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view post Posted on 21/1/2005, 23:41




III (prima stesura tra marzo 2003 e novembre 2004, rivisitato il 21-01-05).

Quasi che il tempo avesse deciso di assecondare il suo umore, aveva cominciato a piovere. Una pioggia molto sottile, ma insistente. A Lina non piaceva la pioggia, aveva il potere di innervosirla e quella sera era l'ultima cosa di cui aveva bisogno.
Quella sera avrebbe avuto bisogno di un consiglio, ma non sapeva a chi chiederlo. O forse no, non aveva bisogno di un consiglio. Perchè in fondo lei aveva già deciso.

Svizzera, Scuola di addestramento nell'uso dei poteri paranormali, 1985.
Una Lina di dieci anni si accasciò al suolo, piangente. Era in una stanza completamene vuota, dalle pareti bianche, come fosse un ospedale. Di fronte a lei il suo maestro Omar la osservava piangere ma non interveniva per consolarla e ciò la fece piangere ancora più forte. Disse solo:
“Riprova, Lina”.
“Non ce la faccio!” urlò tra le lacrime “mi scoppia la testa. Tu non mi lasci vedere! Non ce la farò mai”.
Omar gli si avvicinò di qualche passo: “devi farcela, devi leggere la mia mente nonostante io non voglia. Il popolo oscuro si allena a difendersi dagli attacchi di quelli come te, lo sai. Puoi farcela.”
Ma Lina, disperata, scuoteva la testa, sempre piangendo: “non posso, non sono abbastanza forte!”.
Questo non era vero. Era solo molto giovane. Lina era la più potente telepatica che Omar avesse mai visto, e non era solo quello. Lina sembrava possedere un potere che nessun altro telepatico aveva, almeno per quello che documentavano gli Annali più antichi. A volte, quando leggeva la mente altrui, sembrava in grado di guidarla, farle fare ciò che lei voleva. Non sembrava una forma di ipnosi, perchè il soggetto rimaneva coscente. Solo, perdeva il controllo per qualche secondo della sua mente che gli faceva compiere azioni che lui non aveva deciso. Ma che aveva deciso Lina. Era una capacità eccezionale, mai vista nè documentata prima e Lina era tanto più preziosa per quello. No, non era incapace.Ma era ancora una bambina, e per questo sensibile e vulnerabile. Lui era terrorizzato dalla vulnerabilità di Lina, dal fatto che fosse ancora così incapace di controllare il suo potere. Se qualcuno del Popolo Oscuro avesse sospettato dell'enorme potenzialità di questa bambina e avesse deciso di distruggerla finchè non era ancora un pericolo, in un momento che Omar era distratto? Non poteva accadere. Lina doveva imparare al più presto a badare a sè stessa, per la sua stessa vita. Lui non poteva farlo in eterno.
Ignorò, facendo appello a tutto sè stesso, le sue lacrime e rimase impassibile.
“sì che puoi, avanti!” Le urlò, con il risultato di farla piangere più forte.
Fingendosi insensibile alla muta richiesta di aiuto di Lina Omar concentrò su di lei e la sua mente sollevò il corpo della bambina. Il suo potere di telecinesi la scagliò in aria fin quasi al soffitto, facendo scappare a Lina un grido terrorizzato. La lasciò lì, sospesa nel vuoto.
“aiuto, Omar, mettimi giù”.
Lina aveva ricominciato a piangere ma non poteva farsi commuovere, non poteva per il suo bene.
“No, puoi farcela da sola. Entra nella mia mente e trova la chiave, trova la chiave dannazione!”.
Omar sudava, nonostante i suoi grandi poteri era difficile per lui tenere sospeso per tanto tempo a mezz'aria un corpo umano, fosse anche quello di una bambina. Era tanto concentrato sul suo potere per non farla cadere che quasi aveva dimenticato Lina stessa. E ciò che aveva richiesto al suo potere. Sentì la scarica nel suo cervello solo quando la voce di Lina già urlava nella sua testa.”lasciami” fu l'ordine che sentì.E il suo potere , allenato per più di vent'anni, semplicemente smise di ubbidirgli. Omar non aveva mia provato una sensazione simile: per non più di un secondo si sentì completamente indifeso, in balia di una sensazione nuova. La percezione di una forza straordinaria che invadeva tutto il suo essere ma che non dipendeva da lui, ma che al contrario lo schiacciava. Fu solo un'istante, ma bastò a fargli perdere il controllo della sospensione. Lina cadde al suolo. Omar corse da lei, preoccupato che si fosse fatta male. Lina non piangeva più e lo fissava seria, con i suoi intensi occhi verdi mentre Omar la teneva tra le braccia per accertarsi che non ci fosse niente di rotto.
“ce l'ho fatta” bisbigliò la bambina.
“sì” Omar le sorrise, accarezzandole il viso "ce l'hai fatta. Sei stata brava".
Lo era stata davvero. Al di là di ogni immaginazione.
 
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view post Posted on 24/1/2005, 22:24




IV
Lina era talmente immersa nei ricordi che non si accorse di essere già arrivata al quartiere residenziale dove viveva. Imboccò il vialetto di casa e fermò l'auto dietro quella di Alex. Tutte le luci di casa erano spente ma del resto non c'era da stupirsi. Un'occhiata all'orologio le disse che era già l'una del mattino.
Entrò in casa e stremata dalla stanchezza si sfilò le scarpe sul tappeto dell'ingresso e gettò il cappotto sul divano. A piedi nudi, cercando di fare meno rumore possibile, salì verso la loro camera.
Alex dormiva, la sagoma sotto le coperte appena distinguibile ai suoi occhi che stavano cominciando ad abituarsi all'oscurità.
“Tesoro, sei tu?”. La voce del marito, impastata dal sonno, la salutò mentre Lina silenziosamente andava verso il bagno. Cercava sempre di fare il più piano possibile, ma Alex con il suo sonno leggerissimo la sentiva ogni volta. Lina si avvicinò al letto.
“ciao, mi dispiace averti svegliato” sussurrò piano.
Alex mugugnò, mezzo addormentato: “non importa. E' molto tardi?”.
Non lo diceva in tono di rimprovero. Alex non lo diceva mai con un tono che non fosse una semplice domanda, ma Lina si sentiva lo stesso in colpa. Come ogni volta.
“Sì, un po', continua a dormire”.
“Tu non vieni?”.
“Prima faccio una doccia” rispose ma Alex, riaddormentatosi, già non la ascoltava più. Sentì il suo respiro farsi regolare mentre andava verso il bagno.
Nello sfilarsi i vestiti si avvide di quanto erano matidi di sudore, nonostante avesse avuto così freddo, nell'ultima ora. Prima di lasciarli cadere in un mucchietto disordinato sul pavimento li annusò, sovrappensiero. Non sentiva nulla, se non il suo odore misto a un lieve residuo del suo profumo. Cosa sperava di sentire, odore di sangue forse? Già, a volte ciò che percepiva era talmente reale che se lo sarebbe anche aspettato...ma non funzionava così, grazie al cielo. A meno di non impazzire. Ad alcuni accadeva, questo Lina lo sapeva.
L'acqua era calda, quasi bollente quando vi si infilò sotto. Ma ciò non la disturbava, anzi. Si fece avvolgere dalla nuvola di vapore che ne scaturì e fece scorrere l'acqua per mezz'ora buona, incurante della pelle che diventava rossa e tesa. Perché non poteva lavare via i suoi pensieri insieme al sudore e alla stanchezza?
Mentre si asciugava si accorse, come le accadeva spesso ultimamente, di essere di nuovo perfettamente sveglia. Era ancora stanca, mortalmente stanca, ma non aveva più sonno. Avvolta solo nell'accappatoio scese al piano di sotto, diretta in salotto. L'orologio appeso alla parete indicava che mancava un quarto d'ora alle due ma nelle ultime settimane si stava abituando ad assistere al lento scorrere delle ore notturne perfettamente sveglia.
Accese il televisore ad audio spento e cominciò a fare zapping tra i canali. Non le importava nulla delle immagini che scorrevano davanti ai suoi occhi, visto che non aveva realmente acceso la TV per vederla. Voleva solo distrarsi, svuotare la mente, non pensare a nulla.

Washington, 1999.
Omar stava facendo vedere a Lina il suo nuovo appartamento.
“Ti piace?” le chiese, anche se inutilmente. Lo sguardo di ammirazione della ragazza era inequivocabile mentre saltellava nel lussuoso loft già perfettamente arredato.
“E' bellissimo, ma davvero è tutto per me?”.
“certo, fa parte del tuo lavoro. Questo con la macchina. Da oggi sei ufficialmente assunta all'ambasciata, sezione amministrativa.”
Lina sorrise: “sembrerà un po' strano che un amministrativa neoassunta abbia tutto questo”.
“non preoccuparti, nessuno farà domande.” la rassicurò Omar.
Molti come loro avevano lavori di copertura. Era più sicuro per tutti. Lavori all'apparenza senza molta importanza, lavori di banale routine. Anche quando l'assunzione avveniva in qualche organo di primaria importanza (l'FBI; la CIA, i ministeri o le ambasciate) era sempre in qualche ruolo non strategico, di nessuna importanza apparente. Poi il reale lavoro che loro svolgevano... quello era un altro paio di maniche.
Lina si girò a guardare Omar: “Ci sono anche delle persone che hanno fatto la scuola con me dove lavoro?”.
“Alcune sì, ma non nella tua divisione” replicò Omar cauto.
Lina non aveva mai conosciuto i suoi compagni di corso. Tutti loro venivano tenuti isolati l'uno dall'altro per evitare che nascessero amicizie che un domani potessero renderli vulnerabili. Era una delle tante regole. Lina lo sapeva bene e non insistette.
Omar la guardava percorrere la sua nuova casa, le braccia incrociate sul petto: “la scuola ospita sensitivi di tutto il mondo” quello non faceva niente di male a dirglielo “però qua troverai solo americani. Ogni nazione esercita un diritto di prelazione sui suoi e pochi non ne approfittano.”
Lina assentì, distrattamente. L'emozione dei primi giorni le faceva accettare tutto ciò come fosse un'ovvietà. Lei stessa era americana e anche se aveva passato vent'anni della sua vita all'accademia in Svizzera come prevedeva la convenzione delle Nazioni Unite, il suo paese l'aveva rivendicata appena era giunta l'ora. Come aveva detto Omar erano molto pochi quelli come lei. O come lui. Ed erano considerati assai preziosi.
Omar aspettò paziente che Lina girovagasse e si guardasse a piacimento intorno, in fondo era casa sua.
“Tu starai qua o tornerai alla scuola?” gli chiese Lina a bruciapelo dopo un po'.
“io starò qua, per ora. Lavoreremo ancora assieme, almeno per un po'”.
L'evidente sguardo di sollievo della ragazza lo spinse ad affrontare l'argomento che gli stava a cuore.
“Ho notato l'altra sera alla serata di gala dell'ambasciata che c'è una ragazzo della divisione logistica che sembra molto interessato a te.”
“Davvero?”. Lina rispose senza molto interesse “non ci ho fatto caso.”
“mi sono informato” continuò Omar senza staccare gli occhi da lei”si chiama Alexander Maxter, è un giovane molto promettente. Si farà una posizione all'ambasciata, ne sono certi in molti” Omar si lisciò il mento “non occorre avere il tuo potere per accorgersi che gli sarebbe piaciuto chiederti di uscire l'altra sera. Mi meraviglio che tu non ti sia accorta di nulla.”
“ero distratta da altro” ribatté Lina sapendo di dire una mezza verità. Oh, certo che aveva sentito l'interesse del ragazzo, era stato tanto palpabile che aveva dovuto sforzarsi di non arrossire quando aveva sentito i suoi pensieri. Per quello aveva fatto in modo di impedirgli di chiederle di uscire. Per non essere costretta a dirgli di no. Perché lei...
“se lo fa dovresti accettare” disse Omar interrompendo il corso dei suoi pensieri.
Lina dimenticò le tende che stava ammirando si voltò a guardarlo, allibita: “stai scherzando, vero?”.
“no. Sono serissimo. Il ragazzo è a posto, ho già controllato. Ovviamente, non ti esporrei mai senza le dovute precauzioni. E' la persona che fa per te: tranquillo, fiducioso non farà mai molte domande sul tuo lavoro e non sarai costretta a mentirgli troppo.”
La ragazza taceva, senza smettere di guardarlo con i suoi occhi verdi che in quel momento rilucevano come due smeraldi. Rabbia, delusione? Impossibile capire cosa le passasse per la testa. Tanto era brava a leggere la mente degli altri, tanto Lina sapeva rendere impenetrabile persino il suo viso.
“Non sono sicura di capirti bene”.
Il tono freddo con cui lo disse fece impercettibilmente sussultare Omar. Ma lui ormai aveva deciso di andare fino in fondo.
“Ti sto dicendo che non puoi rimanere sempre da sola, Lina, non con il tuo potere. La solitudine è deleteria per i sensitivi. Una relazione stabile ti...”.
“Non mi sembra che per te la solitudine sia stata tanto deleteria, Omar” lo interruppe lei, aspra.
“Non è la stessa cosa. Il mio potere non mi coinvolge emotivamente come il tuo, lo sai bene. Il mio è un potere freddo, quando smetto di usarlo è semplicemente finita. Ma per te è diverso. Leggere la mente degli altri conserva strascichi eterni, Lina. Il tuo è un potere che può portare alla pazzia, a molti sensitivi è capitato. Perciò hai bisogno di stabilità nella tua vita, hai bisogno di punti fermi, di una famiglia. Una famiglia che ti distragga quando stacchi la spina dal lavoro.”
Vide che lei stava aprendo la bocca per parlare e, temendo ciò che Lina avrebbe potuto dirgli, Omar si affrettò a comunicarle ciò che davvero gli stava a cuore. “E poi mi sentirei più tranquillo se saprò che qualcuno che terrà a te ti starà vicino, quando io non ci sarò più.”
“cosa intendi con quando non ci sarai più?”
Lina gli era andata di fronte ora ed era impossibile evitare il suo sguardo, anche se Omar non tentava di farlo. No, tutto quello che le doveva dire gliel'avrebbe detto in maniera leale. Non era la prima volta che diceva a un allievo che lo lasciava, che l'addestramento era finito e il maestro si separava da lui. Ma Omar aveva smesso da molto tempo di illudersi che Lina fosse un'allieva come tutte le altre. Lei era diversa. Per lui era diversa.
“Lina” la prese dolcemente per le spalle “io ho il mio lavoro come tu ora hai il tuo. Il mio è prima di tutto quello di fare da insegnante a dei giovani sensitivi che come te devono imparare a controllare il loro potere. E prima o poi un nuovo allievo mi porterà lontano da te. Magari non per sempre e non avverrà domani ma... accadrà.” Il silenzio di lei lo preoccupava, così aggiunse una cosa di cui poi si sarebbe pentito. Perché lo portò ad affrontare un argomento che avrebbe tanto voluto evitare. “Lina, io sarei così tranquillo se qualcuno potesse occuparsi di te al posto mio.”
Lina gli passò una mano sul viso e Omar senza volerlo sussultò. Era la prima volta che lei lo sfiorava in un modo così leggero eppure così intimo.
“Speravo saresti stato tu a farlo”.
Ecco, l'aveva detto e Omar si maledisse. Sapeva che quel giorno sarebbe arrivato eppure... aveva tanto sperato di no. Aveva desiderato poterlo evitare.
Omar scosse la testa: “no, non io. Non posso.”
“ma tu...” Omar si accorse troppo tardi di aver abbassato la guardia e la mente di Lina si era insinuata nella sua “tu non vuoi che sia qualcun altro a farlo” Lina lo stava guardando fisso ora:“ tu mi...”.
“non dirlo”. la interruppe Omar allontanandola da sé con un gesto brusco, mentre simultaneamente ergeva la barriera mentale che proteggeva i suoi pensieri, sperando che Lina non decidesse comunque di vedervi attraverso. Era talmente forte che... se avesse voluto avrebbe potuto. Ma ciò che vi avrebbe letto non l'avrebbe aiutata a prendere la decisione che Omar voleva per lei. La guardava cercando di ignorare lo sguardo supplichevole di lei.“non dirlo perché non porterebbe niente di buono.”
“Ma perché?” lei era pericolosamente vicina alle lacrime ora ma lui non poteva farsi commuovere. Non voleva sfiorarla nemmeno con un dito “da quando i sentimenti sono così negativi?”.
“Certi tipi di sentimenti lo sono, lo sai bene” La fronteggiò da qualche passo di distanza e caparbiamente le tenne chiusa la propria mente. Lei ne fu ferita ma non tentò di varcarne lo stesso i confini. Rispettò il tacito accordo tra di loro. Fu solo spaventata di quanto lo vide risoluto, spaventata e amareggiata. Lui percepiva i sentimenti di lei, anche senza il dono di Lina. Ma come fare ad alleviarle una sofferenza che lui stesso provava? Il suo viso si riaddolcì e anche la sua voce quando le parlò di nuovo era meno tesa:
“Sono regole scritte da secoli, Lina, per il bene di tutti noi. Lo sai questo. Due persone dotate di poteri come i nostri non possono stare assieme.”
“E' una regola senza senso” Lina scuoteva la testa, senza curarsi di nascondere le lacrime ora né di frenarle.
“Non è vero, Lina. Noi nasciamo con dei poteri per uno scopo. Siamo l'unica salvezza del mondo contro il popolo Oscuro. Gli esseri umani non avrebbero potuto difendersi per millenni senza il lavoro, il sacrificio di molti di noi. E' quello l'obiettivo principale di ciascuno di noi, la nostra missione. La relazione con un altro sensitivo ci renderebbe vulnerabili: troppo tesi nello sforzo di coniugare i nostri poteri prenderemmo di vista l'obiettivo principale e saremmo perduti”.
Mentre sciorinava a Lina una lezione che lui stesso aveva appreso anni fa e recitato per anni, si chiedeva se lui stesso ci credeva ancora...Sì, ci credeva perché era giusto. Giusto perché più sicuro.
Omar non demordeva di fronte all'ostinato silenzio di lei.
“Le persone particolarmente dotate come te, Lina, sposano una persona normale. Qualcuno che le aspetti a casa, ignaro e al sicuro, qualcuno di cui non debbano preoccuparsi. Se tu dovessi preoccuparti anche di me o io di te, come faremmo? Cosa accadrebbe se avessimo dei bambini? Dovremmo passare la vita a difendere l'altro e a difendere loro dagli attacchi di chi sempre cerca di annientare quelli come noi, è questo che vuoi?”.
Lina abbassò la testa. Comprendeva il ragionamento di Omar, lei stessa ne era a conoscenza da sempre. Era una delle regole. Eppure non era così semplice da accettare. Per lei Omar era tutto. E non poteva credere che lui si stesse preparando a lasciarla.
“Non puoi farlo” Lina lo guardava, mentre colmava la distanza tra di loro “non puoi lasciarmi da sola.”
Omar allungò una mano ad accarezzarle i capelli, sperando che Lina non percepisse quanto gli costava toccarla ora: “Io non ti lascio Lina. Sarò sempre raggiungibile per te. Sono tuo padre, il tuo maestro, è il tuo migliore amico. Tu questo lo sai.”
“Lo so” Lina chinò la testa e Omar seppe in quel momento di aver vinto “ma so anche che l'unica cosa che io vorrei che tu fossi per me... non puoi esserla.”.
“No” disse lui più dolcemente che poté “non posso.”
“Però vorresti” lei piano era scivolata verso di lui e gli aveva circondato il petto con le braccia, appoggiando il capo sul suo petto. Non gli aveva letto nella mente, questo Omar lo sapeva. Semplicemente lo aveva dedotto. Ma cosa lui voleva, era di secondaria importanza. Omar alzò le mani e delicatamente si sciolse dall'abbraccio di lei. Era doloroso per lui abbandonarsi tra le sue braccia.
Come dirle quasiasi cosa senza mentirle? E come non mentirle, senza dire qualcosa che avrebbe solo peggiorato le cose?
Omar scelse la soluzione più semplice. Quella di tacere.
“E' tardi Lina. Devo andare.” disse solo, qualche attimo più tardi. E anche quello, andarsene, era contro i suoi desideri.


Già, era tardi. Tardi per stare su quel divano a guardare un orologio che cammina a rilento, in attesa che il mattino giunga presto. Lina si alzò e spense il televisore. Silenziosamente salì al piano di sopra per raggiungere Alex.

Edited by OnlyJulian - 25/1/2005, 15:26
 
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OnlyJulian
view post Posted on 26/1/2005, 21:20




V
Lina aveva seguito alla lettere le indicazioni che aveva trovato in Internet. Eppure, quando il navigatore le indicò che era proprio quella la casa che cercava, la guardò per qualche attimo perplessa, chiedendosi se non ci fosse stato un errore.
Il quartiere di per sé non era certo residenziale. Pieno di edifici fatiscenti, bidoni dell'immondizia strapieni che invadevano la strada, insegne di negozi chiusi da anni scrostate e sporche. Gente che viveva per strada che aveva osservato con aria curiosa il suo dodge transitare sulle loro strade. Eppure, l'edifico davanti a cui si fermò era se possibile ancora peggio di tutto ciò che aveva visto fino ad ora.
Era un vecchio condominio che avrebbe avuto bisogno di un ritinteggiata, e non solo. Aveva l'aria di stare in piedi per miracolo. Quando alla fine Lina si decise a scendere dall'auto e a entrare nell'edificio, ciò che le si presentò oltre lo scalcagnato portone d'ingresso fu anche peggio.
I muri una volta erano stati di un color verde pistacchio che ora dove non era scrostato era sporco, anche se l'effetto generale sarebbe stato di certo più inquietante con un'illuminazione adeguata. Qua invece, poche lampadine che davano un fioco bagliore illuminavano le scale di legno che portavano a vari piani.
Ogni appartamento era celato da una porta e le porte brulicavano pensieri.
Cercando di ignorare le innumerevoli voci che sussurravano nella sua testa Lina andava avanti, piano dopo piano.
Avrebbe voluto imporsi di non ascoltare, ma non poteva. Come avrebbe potuto trovare la donna che cercava, altrimenti? Non c'erano nomi ai campanelli di quelle porte e lei aveva solo quell'indirizzo. Poteva solo sperare nell'aiuto del suo potere.
Fino ad ora non c'erano donne sole, dietro quelle porte. Famiglie, menti femminili con mariti, amanti, genitori...
Poi, all’improvviso Lina si fermò davanti a una di quelle porte. Sentiva una mente che non accoglieva pensieri di affetto o rancore per nessun altro essere umano, almeno di primo acchito…una persona sola. Ed era una donna.
Si fermò davanti a quella porta, che aveva lo stesso aspetto misero di tutte le altre. Vi appoggiò i palmi sopra e chiuse gli occhi, mentre il suo potere cercava di artigliare la mente che aveva percepito. Vi riuscì e con forza vi si insinuò dentro alla ricerca di un pensiero che le svelasse il nome della mente ospite, per vedere se aveva avuto ragione. Niente. Allora senza muovere le labbra la chiamò, semplicemente formulando il pensiero nella mente stessa della donna.
“ti chiami Shanna?”.
Sentì la mente ospite contorcersi facendosi sospettosa: “chi sei?” urlò di rimando una voce dietro la porta.
Lina seppe di averla trovata. Anche se la donna non aveva più poteri, o almeno Lina non li sentiva, aveva riconosciuto in Lina una sensitiva. Sapeva con chi aveva a che fare.
Lina stava per rispondere alla domanda quando sentì dei veloci passi verso la porta a cui era appoggiata. Fece appena in tempo a scostarsi, prima che questa si spalancasse con violenza.
La visione che le si parò davanti era tanto diversa dalla foto nel dossier su Internet che Lina ne fu sconvolta. Ricordava l’immagine di una donna di colore, molto curata e giovanile, senza nessun tratto caratteristico ma sicuramente una donna piacente.
Quella che aveva davanti ora era indubbiamente la stessa donna eppure era incredibile il cambiamento che era avvenuto in lei. Doveva avere più o meno l'età di Omar, solo che sembrava una vecchia. Non era solo la sciatteria generale in cui versava: il corpo avvolto in una vestaglia informe da poco prezzo, i capelli aggrovigliati dall'aria poco pulita, il viso con ancora tracce di trucco del giorno prima, nonostante fosse mattina presto. Erano gli occhi. Uno sguardo disperato, da animale in trappola. Braccato. E come tutti gli animali braccati, la donna decise di attaccare con la forza della disperazione.
“Ripeto la domanda: chi sei?” abbaiò con voce rude, senza staccare gli occhi da Lina.
“Io sono Lina. Tu non mi conosci ma sono...”.
“So benissimo COSA sei” la donna calcò il cosa con deliberata asprezza “cosa diavolo ci fai qui?”.
“Io sono un'allieva di Omar. Avrei bisogno di parlare con te, Shanna.”
Shanna conosceva Omar. Un'altra cosa che il dossier le aveva rivelato, era che Shanna aveva insegnato per qualche anno alla Scuola per sensitivi, quando Lina stessa era lì.
Ma la donna al nome di Omar fece lo sguardo ancora più duro.
“Questo non ti dà il diritto di venire qua a ficcare il naso.”
“Non sto ficcando il naso, ho solo bisogno di parlarti” si difese Lina, ma con il suo potere sentì chiaramente che la donna non le credeva. E vide anche qualcos'altro. Vergogna. La donna si vergognava che Lina scoprisse qualcosa che non doveva e la giovane prima di ritrarsi, per pudore, lo vide quel pensiero di vergogna. La donna faceva la prostituta, era così che viveva! Lo stupore di Lina fu enorme: ma com'era possibile che...
“Smettila.” disse la donna rudemente “smettila di leggermi la mente, non c'è niente da interessante da vedere.”.
Lina si ritrasse immediatamente, non voleva essere invadente. Ciò che aveva visto non la riguardava affatto. Mormorò delle scuse che l'altra ignorò. Ora la osservava fisso in viso, sempre tenendola sulla porta.
“Mi ricordo di te” disse all’improvviso Shanna “parliamo di dieci anni fa, come minimo, ma mi ricordo di te alla scuola. Sei cambiata, naturalmente sei cresciuta. Ma è difficile dimenticare occhi come i tuoi. Beh, cosa vuoi?” Concluse bruscamente.
“posso entrare?” Lina non aveva nessuna intenzione di spiegarle il motivo della sua visita davanti alla porta.
Sentì la perplessità della donna, la paura di farla entrare non tanto nella sua casa quanto nella sua vita. In profondità, sentì un umano moto di vergogna per lo stato della casa. Quando Shanna reagì, lo fece senza abbandonare il tono bellicoso:
“va bene, non credo di avere molta scelta. Non c'è bisogno di essere telecinetica ragazza, per capire che passeresti la notte sul mio zerbino pur di parlarmi. Ma che sia una cosa veloce.” si scostò per lasciar passare Lina e chiuse subito la porta alle loro spalle.
L'ingresso introduceva direttamente in un minuscolo salottino, squallido e disordinato però, contro tutte le premesse, molto pulito. Nell'aria si sentiva odore di fumo ma non era stantio e mescolato all'aroma di un detergente al limone.
“Siediti pure” Shanna indicò a Lina un tavolo rotondo con delle sedie “Non ho niente da offrirti, mi dispiace, tranne una sigaretta e dell' whisky” le disse servendosi di entrambi da una credenza lì vicino prima di accomodarsi a sua volta al tavolo“ma immagino non accetterai né uno né l'altro, vero?” di fronte al cenno negativo di Lina scoppiò a ridere: “lo immaginavo, gli allievi di Omar sono sempre ben preparati. Il fumo e l'alcool fiaccano il fisico e indeboliscono i poteri.” stette in silenzio qualche minuto “non è più un mio problema, grazie al cielo.”
“Non ti mancano i tuoi poteri?” Lina non aveva nessuna intenzione di rivolgerle una domanda del genere, ma le sfuggì prima ancora si rendersene conto davvero.
Shanna non rispose. La guardò di traverso mentre si accendeva una sigaretta. Gli occhi color cioccolato la esaminavano attraverso il velo di fumo che saliva al soffitto. “perché sei qui?”.
“Perché tu non hai più i tuoi poteri, ed eri una telepatica esattamente come me.”
La donna corrugò la fronte squadrandola: “l'alcool e il fumo mi hanno annebbiato il cervello evidentemente, perché non capisco dove tu voglia andare a parare.”
Mentiva. Aveva già cominciato a capire... e Lina sentì la paura cominciare a insinuarsi in Shanna.
“Tu hai trovato il modo di bloccare il tuo potere”.
“ah, sì?” nonostante avesse appena cominciato a fumarla Shanna si allungò per spegnere la sigaretta nel posacenere. La mano le tremava, Lina lo notò. “e chi ti ha detto una fesseria del genere?”.
Lina esitò, ma non ritenne ci fosse niente di male a dirglielo. “c'è nel tuo dossier. Tu hai imparato come bloccare i poteri, non solo il tuo ma quello di tutti. E' cominciata così. Bloccasti i poteri di un vampiro, una volta, per permettere al sensitivo che era con te di ucciderlo. Poi hai deciso di usare questa capacità su te stessa...”.
“Fesserie” la interruppe la donna, versandosi una dose generosa di whisky. “quella capacità, come la chiami tu, non era niente di sensazionale. Potevo inibire il potere altrui solo per pochi istanti. Anche con il vampiro fu così. Riuscii a fermarlo solo per pochi attimi, il tempo perché fosse ucciso...”.
“Tu menti.” Lina si sporse verso di lei: “lo vedo. Forse all'inizio era come dicevi tu, ma negli anni si è accresciuto. Hai usato questo nuovo potere per bloccarli tutti, non è vero? Per diventare una senza nessun dono...”.
“dono, e lo chiami dono?”. Shanna si alzò con violenza quasi rovesciando la sedia “anche il tuo lo chiami dono, ragazza?” si chinò verso di lei, viso contro viso, tanto che Lina poteva sentirle l'alito greve di whisky “ti sembra un dono leggere la mente degli altri? Sentire le loro pene, le loro sofferenze, tutto quello che sentono senza mai spegnere l'interruttore? Oh so che alla scuola ti insegnano a chiamarli doni, e forse alcuni lo sono davvero. Ma quelli come era il mio o è il tuo ragazza, sono solo maledizioni. Alla fine ti uccidono. E sono contenta di essermene liberata.”. Si staccò da Lina e le volse le spalle.
“tu potevi vedere il futuro, vero?” le chiese Lina.
“anche questo l'hai letto nel dossier?” Shanna si girò a guardarla e vide Lina assentire.
“Non è esatto. Io del futuro vedevo solo morte. Il futuro senza ritorno di qualsiasi essere vivente. Se avessi ancora il mio potere sai cosa vedrei ora?” Si risedette di fronte a Lina e le avvicinò una mano al viso “Non il tuo bel faccino com'é ora ma decomposto, putrido o arso dalla fiamme o negli spasmi dell'ultima agonia. Di tutti vedevo la loro morte. Eccolo, il mio grande dono!” afferrò il bicchiere e lo alzò al soffitto, quasi per fare un brindisi.
“Ma ora sono libera” continuò a voce più bassa, gli occhi assorti, quasi parlando a se stessa più che a Lina “non so libera di fare cosa. Forse era già troppo tardi, gran parte della mia vita era già scivolata via. Non sono più riuscita a darle uno scopo. Ma almeno la notte non ho più incubi. E' bellissimo non avere incubi” scrutò Lina “tu li hai?” e di fronte al cenno affermativo di Lina assentì con vigore con la testa, come se l'avesse capito subito.
“cosa vuoi da me?” le chiese Shanna a bruciapelo“non è Omar immagino che ti ha mandato da me”.
“No, non è lui” guardò fissa la donna negli occhi “sono qua perché ho bisogno del tuo aiuto. Mi devi aiutare a bloccare il mio potere”.
La donna si ritrasse con la sedia, come se l'avesse morsa un serpente: “stai scherzando, non posso farlo”.
“Puoi farlo, ma non vuoi, hai paura di farlo”.
La donna imprecò tra i denti: “non devi stare simpatica a molta gente, vero? Questo tuo continuo rivelare che leggi nella mia mente è esasperante. Comunque é vero, non voglio farlo. Che non voglia o non possa per te è lo stesso, il risultato è identico. Ora vattene” si alzò e senza molta cortesia si diresse verso la porta “già il fatto che qualcuno dovesse sapere che sei venuta da me sarebbe sufficiente a farmi passare dei guai seri.”
“Hai promesso. Ti hanno lasciata andare, a condizione che non avresti mai insegnato a nessun altro a bloccare il suo potere.”
Shanna sbuffò, senza bloccare la sua marcia. “Brava ragazza esasperante, centro anche stavolta. E ora fuori!” Shanna aveva già una mano sulla maniglia e la guardava in attesa, ma con uno sguardo caparbio.
Nonostante Lina non cogliesse nessuna traccia di esitazione nell'altra, lo stesso non se la sentiva di desistere così.
“Non faresti un'eccezione per me?”.
La donna la guardò un attimo sorpresa, poi rise con un verso amaro:”soprattutto per te, zuccherino. E' un'eccezione che mi costerebbe troppo.” scosse la testa con aria incredula, come se davvero non si capacitasse che Lina fosse arrivata a farle una richiesta simile. “Privare dei poteri la sensitiva più potente di cui si sia mai avuto storia, ce ne sarebbe a sufficienza perché Omar mi scaraventi in qualche buca sperduta dell'universo.
Lina la guardava così sorpresa che la donna si accigliò:”beh, che hai da guardarmi così? Se nessuno ti ha ancora detto quanto è grande il tuo potere, l'ho faccio io adesso.” Forse accorgendosi di aver detto troppo, la donna divenne ancora più brusca:”allora, vuoi schiodare il tuo grazioso culetto dalla mia sedia e lasciarmi in pace?”.
Shanna non staccava la mano dal pomolo della porta anzi, lo stringeva con forza.
“Io posso pagarti” disperatamente, Lina faceva appello alla sua ultima risorsa. “posso pagarti molto”.
Lina si avvide subito di aver toccato un punto debole della donna. Rinunciare al suo potere e alla vita dorata che portava con sé le era costato molto, anche in brutali termini economici., Viveva miseramente, tirando a campare un giorno dopo l'altro senza speranze per il futuro. Perché quando sarebbe diventata troppo vecchia per vendere il suo corpo lei...
Ma poi, improvvisamente, qualcosa cambiò. Una grande paura, talmente grande da rendere inconcepibile qualsiasi altro pensiero, invase la mente di Shanna. La donna tornò a scuotere la testa, stringendosi addosso la lurida vestaglia come se sentisse improvvisamente freddo.
“ma non posso farlo, il tuo potere è troppo importante per tutti noi”.
Lina si alzò in piedi, perdendo la pazienza: “cosa vorresti dire? Quello che penso io non conta?”.
“In questo gioco no, ragazza” le aprì la porta “e ora sarà meglio che vai”.
La sua voce si era addolcite e Lina avvertì pietà. La donna provava dispiacere nei suoi confronti.
“Non vuoi ascoltare le mie ragioni prima di mettermi alla porta?” ribadì Lina, cercando di far breccia in quella pietà.
Shanna la guardò in malo modo: “non ci tengo particolarmente”.
Ed era vero. Non voleva perché aveva paura. Paura di lasciarsi convincere perché anche lei, un giorno, era stata nella stessa situazione di Lina.
“Tu ci sei già passata, Shanna. Sai cosa voglio dire. Credo sei l'unica persona che possa davvero capire come mi senta in questo momento.”
L'altra teneva lo sguardo corrucciato, basso a guardare il pavimento. Nondimeno, Lina non demordeva.
“Tu sai cosa significa avere il nostro potere, me l'hai spiegato tu. Io non vedo morte ogni volta che guardo una persona, come accadeva a te. Ma hai ragione quando dici che un potere come il nostro ti consuma. Non c’è niente di bello nel leggere continuamente nella mente degli altri. E poi c’è la mia vita ” la donna non la guardava, ancora e allora Lina le afferrò il braccio per costringerla a girarsi verso di lei: “essa non mi appartiene, non è mai stata mia davvero. Non ho mai potuto decidere cosa fare, né quando ero piccola né ora. Mi sento in gabbia, riesci a capirlo questo?”. Si chinò ancora di più verso la donna, prendendole le mani: “tu ci sei già passata” ripeté “sai cosa vuol dire. La mia vita non l'ho decisa io e ora mi sento intrappolata dentro, senza una via d'uscita. Se tu non mi aiuti.”
Lina sentiva, per quando l'altra cercasse di nasconderla, l'indecisione di Shanna. Sentiva che lottava per non provare pena per lei. Per ignorare quanto il loro destino fosse stato simile in fondo…solo che Shanna si era ribellata quando era stato troppo tardi.
“ti prego” la implorò “dammi l'occasione che tu non hai avuto”.
“Finché sei giovane intendi?” ironizzò la donna dandole un'occhiata piena di livore ma Lina non si scompose:
“Sì” rispose semplicemente.
“se Omar lo sapesse verrebbe qui e mi ucciderebbe” Shanna si scostò da Lina ma questa sentì le resistenze della donna venire meno.
Shanna si avvicinò al tavolo e si verso ancora due dita di whisky, che ingollò in un fiato. “chissà, magari mi farebbe anche un favore...” mormorò dandosi una breve occhiata allo specchio sbrecciato della credenza.
“Non lo verrà a sapere, te l'assicuro.” Lina si avvicinò a lei, temendo che cambiasse idea “appena non avrò più poteri io sparirò dalla circolazione, andrò via e...”.
“sstt” la donna alzò una mano “non voglio sapere niente neppure io, è meglio per tutti.”
Shanna alzò gli occhi a guardarla e per un solo istante a Lina ricordò la donna della fotografia sul dossier.
“Spero che non me ne pentirò, ragazza:”
Ma Lina era oltre tutto questo. Assentì, ascoltandola appena. Quello che le importava era che quella donna l’avrebbe aiutata.
 
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view post Posted on 31/1/2005, 21:14




VI
Ci sono alcune cose di cui voglio parlarti, prima” continuò Shanna prendendo di nuovo posto al tavolo. Non insistette però perché Lina facesse altrettanto: se voleva stare in piedi, erano fatti suoi. “Non è facile sparire come intendi fare tu. I mezzi di cui può servirsi Omar per trovarti sono ottimi. Hai visto anche tu che nel mio dossier c’era dove io vivevo…e non l’ho certo detto io.”
“Non ti hanno mai cercato però… prima di me intendo” aggiunse Lina frenando sul nascere l’obiezione dell’altra.
“E’ vero, però io avevo fatto un patto. Non ero veramente fuggita…” giocherellò con l’accendino, guardandolo “hanno permesso che me ne andassi. E’ diverso da ciò che vuoi fare tu.”
“Sì, è vero. Però senza poteri diventerò invisibile, tu lo sai questo” Lina guardava Shanna, con il vago timore che la donna stesse cambiando idea nell’ipotesi di aiutarla. “Sarò solo un’umana come tanti, senza il mio potere che può essere captato da altri sensitivi. Così stando le cose, potrò sparire”.
Aveva anche i soldi per farlo, pensò. Ma questo a Shanna non lo disse, per non offenderla.
“sarà più facile forse, ma non dare per scontato che sarà semplice” replicò l’altra, poco convinta “Se rimani in contatto con qualcuno, prima o poi tramite quel qualcuno arriveranno a te.”
Shanna non aveva dubbi che alla notizia della scomparsa di una sensitiva potente come Lina, non solo tutto il popolo dei sensitivi si sarebbe attivato per trovarlo. Anche il governo americano avrebbe attivato la sua migliore rete di spie in tutto il mondo per trovarla, sapendo quale perdita preziosa sarebbe stata…che possibilità aveva davvero Lina di sfuggire a tutto questo?
“Posso farcela” Lina obiettò ai pensieri scettici di Shanna come se la donna avesse parlato ad alta voce “o almeno, voglio tentare. E per rispondere alla tua domanda, non ho intenzione di rimanere in contatto con nessuno della mia vita attuale, perciò questa strada sarà preclusa ai miei eventuali inseguitori.”
A quella replica Shanna la guardò meditabonda, passandosi una mano sul mento.
“Non hai nessuno ragazza, che potrebbe domandarsi che fine hai fatto? A parte Omar, intendo.”
Lina esitò qualche secondo prima di rispondere. Poi decise che a Shanna doveva dire la verità, visto quello che si preparava a fare per lei: “c'è Alex, mio marito.”
Shanna la guardò, più incuriosita che sorpresa: “Un marito? Questa è bella. E anche da lui intendi fuggire senza una parola di spiegazione?”.
“sì”. Le uscì senza esitazioni.
Shanna la guardò solo per qualche istante, poi alzò le spalle: “va bene, questo è affar tuo. A me interessa spiegarti bene ciò che avverrà in te, perciò ascoltami bene e ricordati delle mie parole perché un domani potrebbe andarne della tua vita.”
Lina non si sedette, rimase in piedi appoggiata con la schiena al muro, le braccia incrociate al petto. Si fece attentissima a ciò che Shanna aveva da dirle.
“Io non posso bloccare il tuo potere per sempre Lina, in questo la tua informazione è sbagliata” la donna sorrise, come se fosse divertita di aver trovato una falla nelle informazioni dell’altra “Il tuo potere è parte di te ed è da te inscindibile. Nessuno può davvero portartelo via. E’ nel nostro DNA dalla nascita. Come alcuni hanno gli occhi chiari o altri scuri, la pelle bianca o nera, alcuni hanno il potere e altri no. Ciò che io mi limiterò a fare sarà di inibirlo, impedirti di usarlo se anche tu lo volessi. Lo imprigionerò in una sorta di gabbia magica all’interno di te stessa ma lui sarà sempre lì, presente.” Fece una piccolissima pausa “Mi stai seguendo?” le chiese guardandola attentamente.
Lina assentì:”Vai avanti”.
“Un processo di inibizione, in quanto tale e in quanto diverso da un processo di rimozione, non può essere definitivo. Può essere solo temporaneo. Mentirei se ti dicessi che in nessuna circostanza e in nessuna condizione la gabbia magica da me creata non possa essere infranta. Ma se mi chiedi quali sono queste condizioni io non so risponderti.” Aggiunse facendosi meditabonda. Lo sguardo con cui Lina la guardò era talmente sorpreso che l’altra ricambiò con uno sguardo corrucciato:”cosa credi? Avrei voluto studiare e sperimentare tutto ciò, ma non mi è stato permesso.” Fece un sorriso amaro “avevano tutti paura delle risposte che avrei trovato, suppongo. Il mio potere è bloccato da anni” continuò “eppure lo sento presente, come un cancro non debellato ma solo fiaccato e che se ne sta lì, nel mio corpo, vigile e in agguato, pronto a colpire di nuovo. Sono anche convinta” aggiunse prendendo il pacchetto di sigarette e accendendosene una “che in particolari condizioni psichiche la nostra mente possa agire come un riattivatore del potere, anche in assenza di una nostra volontà cosciente”.
“Un riattivatore volontario?” Lina era sempre più sorpresa di ciò che stava apprendendo da Shanna, che la guardò annuendo.
“Esatto. Il nostro subconscio, in caso di situazioni di pericolo, può agire in modo indipendente dalla nostra parte cosciente. Un po’ come quando, istintivamente, alziamo le braccia per difenderci da qualcuno che vuole colpirci. Non ci rendiamo conto coscientemente di alzare le braccia, però lo facciamo. Siccome il potere è un po’ come se fosse un senso aggiuntivo che noi possediamo questo tu lo sai…” aspettò che Lina annuisse per continuare “io credo che in una situazione di pericolo estremo, ad esempio, la nostra mente per autodifesa attiverebbe anche il potere, per difendere il corpo. Senza che noi lo vogliamo veramente. Ma anche questa è solo teoria” concluse Shanna quasi mestamente e poi a voce più bassa, quasi a sé stessa:”quanto avrei voluto che mi lasciassero studiare tutto ciò..”.
Lina tacque, riflettendo su ciò che Shanna le stava dicendo. Ma aveva ancora una domanda da fare: “e tu sai sbloccare il potere così come l’hai bloccato?”.
Shanna sorrise:”me l’aspettavo la domanda, sai? E se vuoi la verità…non lo so. Avrei potuto fare l’esperimento solo su me stessa ma…” tacque e fu Lina a finire la frase per lei.“Non hai voluto rischiare di non poterlo bloccare di nuovo. E tu non lo rivolevi il tuo potere.”
“E’ stata proprio così, già” assentì Shanna continuando a fumare, mentre la osservava tra la nuvola di fumo azzurro. “Volevo che sapessi tutto. E anche adesso, sei sempre decisa a farlo?”.
La guardava, ma la risposta come Shanna temeva non tardò.
“Sempre più decisa”.
“D’accordo allora” si allungò per spegnere la sigaretta nel posacenere ormai stracolmo “spero che tu non te ne abbia mai a pentire.”
“Voglio una vita normale, come l’hai voluta tu.”
“E se un domani il tuo potere dovesse servirti per salvare la vita di qualcuno che ami?” le domandò Shanna brusca, piantandole gli occhi addosso “ci hai pensato a questo?”.
“Non metterò più in pericolo la vita di nessuno, se non sarò più una sensitiva. Anche per il popolo Oscuro sarò una sconosciuta. Basta minacce”.
“Ti auguro allora di non incappare in loro per sbaglio allora, perché come umana qualsiasi non avresti scampo.”
Lina la guardò, sorpresa da tutta quella valanga di obiezioni:”non capisco. Anche tu avevi tutte queste riserve?”.
“No, non me ne sono fatta neanche una, veramente.” Shanna si accigliò “per quello voglio essere sicura che tu non lasci nulla al caso… a differenza di me. Io ho agito sull’onda dell’insensatezza e senza pianificare alcunché. Non voglio che faccia così anche tu”.
“ma tu non ti sei pentita della tua scelta”  affermò Lina con certezza.
“No, ma io non sono te. Non mi sono pentita, ma non vorrei neanche che tu finissi come me. Non sono neanche felice, Lina. Anche se forse ciò è unicamente per colpa mia.” Per un attimo, Lina vide nella sua mente l’ombra un bambino piccolo di forse sei anni che giocava rincorrendo un cane in un prato. Esso scomparve così rapidamente e l’immagine era così indistinta che Lina non pensò più che fosse un ricordo proprio di Shanna, magari un’immagine rimasta impressa per sbaglio colta un giorno dagli occhi. Capitava anche quello..
Shanna si alzò, improvvisamente. “Ora vai, ti aspetto domani. All’ora che preferisci. Sarò qua ad aspettarti” guardò Lina alzarsi con sguardo molto serio:”quando poi te ne andrai da me, sarà meglio non torni a casa tua. Se fatalmente incontrassi Omar, capirebbe subito che…”
“Ci avevo già pensato” Lina la interruppe “non preoccuparti. E…grazie”.
“Non ringraziarmi ora” ribatté Shanna, mentre Lina si avviava verso la porta “fallo tra qualche anno, quando mi scriverai una lettera per dirmi che va tutto bene” la prese per un braccio prima che Lina varcasse quella soglia, per costringerla a girarsi verso di lei: “fino ad allora…non sarò così sicura”.
“Tu ti preoccupi troppo..” Lina la guardò e aggiunse in fretta, temendo di essere fraintesa:”anche se ti ringrazio”.
“E’ perché anni fa non l’ho fatto abbastanza” aggiunse brusca la donna, chiudendole la porta quasi in faccia, scomparendo alla sua vista.
 
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view post Posted on 15/3/2005, 16:40




VII
Omar guardò Alex con uno sguardo carico di disprezzo. Erano nel salotto della casa di Alex e Lina e non si avevano notizie di lei da dieci giorni ormai. Scomparsa, sembrava essersi volatilizzata nel nulla. Omar era seduto sul divano e osservava Alex andare avanti indietro, nervoso come un orso in gabbia. L’elegante uomo d’affari sfoggiava un’immagine un po’ appannata che lo faceva sembrare molto più giovane dei sui trentatré anni. La camicia aveva le maniche rimboccate nervosamente ai gomiti, il nodo della cravatta era stato allentato e ora pendeva sfatto sotto il colletto sbottonato. Si passava nervoso le mani nei capelli e quando faceva quel gesto con la mano sinistra la fede nuziale brillava alla luce artificiale della stanza. Omar sapeva quanto fosse inutile prendersela con quel ragazzo. Era inutile e poteva anche essere controproducente, loro due avrebbero dovuto collaborare per capire che fine aveva fatto Lina, non punzecchiarsi l’un l’altro palesando una cosa che per educazione (e per Lina) avevano sempre tenuto nascosta. Che non si sopportavano. Eppure Omar lo avvertiva, quel profondo desiderio di sollevare Alex in aria e di scagliarlo fuori dalla finestra. Lina era sua moglie, dannazione, e gli era sfuggita da sotto il naso.
Ma era anche la tua allieva insinuò una voce maligna nella sua testa e anche a te è sfuggita sotto il naso.
Prendersela con Alex lo aiutava a tenere sotto controllo quella voce.
Anche l’ostinazione dell’altro lo irritava. Stava lì, in attesa che il telefono suonasse in attesa di notizie dagli ospedali. Possibile che credesse davvero che giacesse ferita in qualche letto d’ospedale, un malato non identificato?
Alex aveva cominciato a ipotizzarlo quando avevano trovato l’auto abbandonata poco lontano da casa, intatta e aperta, con dentro una borsetta contenente i suoi documenti. Tutti. Patente, passaporto, tessera della previdenza sociale, carte di credito, tutto nel portafoglio in ordine perfetto. A Omar invece lo stesso ritrovamento aveva fatto supporre dell’altro. Che Lina avesse altri documenti d’identità di cui servirsi.
“Se n’è andata di sua spontanea volontà” disse a Alex, forse per la milionesima volta da quando era arrivato, sperando di avere da lui una qualche notizia “e prima lo accetterai, prima potremo decidere cosa fare”.
“E perché diavolo avrebbe dovuto farlo, riesci a spiegarmelo questo?” Alex si fermò guardando Omar “perché andarsene senza dire nulla? E’…è…ridicolo!” il termine era improprio, ma Alex non era riuscito a trovare un termine più adatto che desse sfogo alla sua profonda costernazione.
“Perché non me lo dici tu?” Omar, sforzandosi di rimanere tranquillo, ricambiava lo sguardo di Alex “eri tu suo marito, avresti dovuto accorgertene se qualcosa non andava.”
Omar era ingiusto e lo sapeva. Alex era sposato a una sconosciuta e quella sconosciuta era invece un libro aperto per Omar. O almeno, questo era ciò che lui stesso aveva sempre creduto. Avrebbe messo la mano sul fuoco su quanto bene conosceva Lina. E invece la ragazza era riuscita a convivere con lui per giorni mascherandogli un piano che, per funzionare così bene, doveva aver preparato da molto, molto tempo.
Dimostrando di saper applicare alla perfezione quanto le era stato insegnato, Lina era scomparsa senza lasciare traccia. Con dei documenti falsi avrebbe potuto essere da qualsiasi parte, ora. Ma non era questo che preoccupava maggiormente Omar. L’eco del potere di Lina taceva. I percettori dell’accademia messi all'opera sostenevano che non era morta, che ancora viveva perché un potere, quando entrava nell’agonia della morte, veniva avvertito dalla catena dei percettori con la stessa intensità dell’ultimo canto del cigno. Invece da Lina proveniva il buio assoluto. Omar aveva anche pensato che l’avessero presa i vampiri ma ciò non spiegava cosa fosse successo alla sua telepatia, al perché nessuno di loro la avvertiva più. A meno che…Omar sapeva che non si era a conoscenza di cosa avveniva ai poteri di un dotato se esso veniva vampirizzato. Un vampiro era tecnicamente un morto, è vero, nel corpo, ma il suo spirito in forma abnorme sopravviveva. E se il potere si trasfigurava anch’esso, sopravvivendo mutato e quindi impercettibile? Follia follia, stava solo teorizzando e ciò al momento non aiutava. Alex,che aveva ripreso a camminare nervoso, lo distrasse dai suoi pensieri.
“ comunque sei l'unico che è convinto che se n'è andata di sua spontanea volontà. E se le fosse successo qualcosa?” congetturò Alex di nuovo, poi lo guardò storto: “potrebbe essere la conseguenza di una di quelle missioni pericolose in cui la coinvolgete sempre. Non ho mai capito perché un’impiegata dell’ufficio amministrativo svolgesse missioni così strane”.
“era il suo lavoro Alex e tu lo sapevi” gli ripeté di nuovo Omar. Stava perdendo la pazienza: Alex non era di nessun aiuto e inoltre faceva troppe domande. Non era stupido e stava smuovendo mari e monti per trovare sua moglie. La polizia non preoccupava certo Omar, ma Alex aveva molte amicizie altolocate che potevano dare fastidio. Esse, grazie al cielo, non arrivavano alla stretta cerchia dei pochi potenti che sapevano tutto dell'Accademia, ma di fronte a domande poste con insistenza non si sapeva da dove potevano arrivare le risposte. Forse, ragionò Omar, era il momento di trovare il modo di farlo stare tranquillo. Si alzò di scatto.
“Dove vai?” lo interrogò Alex.
“Devo andare” Omar si mosse verso la porta “ci sentiamo presto.”
Alex lo afferrò per un braccio, bloccandolo: “se è qualcosa che riguarda Lina il motivo per cui te ne vai, voglio saperlo.”
Omar lo guardò, senza cercare di liberarsi:”ti terrò aggiornato, te lo prometto”.
Alex lo guardò ancora qualche attimo in viso, poi lo lasciò andare.
“Non mi sono mai fidato di te” disse abbastanza sorprendentemente “ma stavolta credo di non avere scelta”.
Omar non trovò nulla da replicare. In fondo, neanche Alex poteva sapere quanto avesse colto nel segno.

 
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