JULIAN MCMAHON ITALIAN FORUM

IN THE HEAT OF THE NIGHT, Crossover tra Profiler e Nip/Tuck

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eileen grant
view post Posted on 8/11/2003, 15:34




Ragazze,
da oggi in poi troverete tutta la storia, man mano che io la scriverò ed Ilaria gentilmente la tradurrà, qui proprio in questo post, così sarà più facile per voi leggerla di seguito, senza perdere il filo del discorso.

Baci
Eileen Grant

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Disclaimer: come al solito, non ho alcun diritto sui personaggi di questa fic, tranne quelli reali. Non ci guadagno soldi, per cui non citatemi. Li uso per mio puro diletto.

Ilaria e Elena (la sottoscritta) sono persone reali. Ilaria è una mia amica e ho scritto questa fiction per lei-

John Grant e tutti i personaggi di Profiler appartengono a Sander/Moses, Cynthia Saunders, la NBC, il cast e la produzione o chiunque altro ne detenga i diritti.

Il Dott. Christian Troy e il Dott. Sean McNamara appartengono alla produzione di Nip/Tuck, al cast e a chiunque altro ne detenga i diritti.

Ringrazio Ilaria per il prezioso aiuto che spesso mi dà durante il “parto” delle scene, per il supporto e soprattutto per “sopportarmi”, che è già tanto …

NEL BEL MEZZO DELLA NOTTE
Di Elena Siniscalco


Ilaria stava tranquillamente dormendo nel suo letto. Era la prima notte che ci riusciva, su dieci di fila che invece era stata costretta a trascorrere nel suo laboratorio per scovare ragioni scientifiche sulla morte di chiunque le portassero, non importava se fossero persone già identificate o i Mario Rossi della situazione.

Era un medico legale, molto nota per la sua mente brillante e i suoi rapporti precisi e dettagliati. In poche parole, era la migliore nel campo.

Lavorava ormai da un anno alla VCTF di Atlanta, esattamente da quando Grace Alvarez aveva lasciato la squadra in quanto aveva scelto di dedicarsi ai suoi due figli in maniera totale.

Elena, una delle sue migliori amiche e membro permanente della VCTF, stava per sposare il suo collega John Grant all’epoca.

Ilaria era giunta in città proprio per aiutarla con la preparazione del matrimonio. Sapeva infatti che l’agente speciale non ce l’avrebbe mai fatta a far tutto in tempo senza il suo aiuto.

Ciò che non aveva potuto prevedere era di essere catapultata nel loro mondo in praticamente un battito di ciglia.

Tutto cominciò con un omicidio in un povero sobborgo di Atlanta, proprio il giorno dopo che la coppia felice aveva pronunciato “si” davanti a Dio.


*****

“Cristo, Bailey! Avresti almeno potuto farmi godere un giorno della mia INESISTENTE luna di miele con mia moglie! Non penso di chiederti molto, no? Un giorno solo, santo cielo!”

John Grant si lasciò scappare quasi un ruggito dopo che tale fiume di parole era uscito dalla sua bocca.

Bailey Malone non si scompose neppure osservando la sfuriata del suo giovane agente e continuò imperterrito a fumare il suo sigaro.

“John, cosa penseresti se ti dicessi che è stata tua *moglie* a chiedermi di mandare entrambi sulla scena del delitto?”

L’affermazione colse l’agente speciale completamente di sorpresa. Di colpo abbassò lo sguardo, sbuffò pesantemente poi tornò a guardare nuovamente il suo capo.

“Cosa ne pensi di un divorzio veloce?” commentò sarcasticamente.

“Chi è che divorzia?”

Elena scelse proprio quel momento per entrare nella stanza senza neppure alzare gli occhi dal foglio di carta che stava tenendo tra le mani.

“Bailey, penso che dovremmo andare sulla scena del crimine subito, non voglio che le eventuali prove vengano rilevate dalla Polizia di Atlanta prima che possa darci un’occhiata io stessa. John!” disse girandosi e puntando il dito in direzione di suo marito “tu vieni con me e a proposito Bailey, possiamo portare Ilaria con noi? La ragazza che hai visto per rimpiazzare Grace sta ancora frequentando i corsi a Quantico, quindi non ci può essere di alcun aiuto al momento, no? L’unica chance che abbiamo ora è di coinvolgere la mia amica. Le ho già procurato un badge e, beh, tutto ciò di cui abbiamo bisogno ora è la tua … ahem … benedizione?”

John indirizzo una silenzioso e disperata richiesta di aiuto al suo capo, ma Bailey in tutta risposta alzò le spalle e prese il suo sigaro dal portacenere.

“La macchina vi sta già aspettando di fuori. Portate anche Nate con voi. Dì alla tua amica che voglio un rapporto completo entro stasera, quando avremo il nostro meeting al Centro. Vi voglio tutti di ritorno prima del tramonto. Ok gente, muoviamoci!”

“Bailey, sei FANTASTICO!” Elena disse abbracciando il suo capo teneramente.

“Grazie.”

I tratti di Bailey si distesero nel guardare intensamente il suo agente speciale italiano.

“So che hai scelto bene. Ilaria gode della mia completa fiducia.” Si girò quindi verso il marito, ancora ridotto al silenzio. “John! Tu e Nate assicuratevi che le ragazze possano lavorare in completa sicurezza lì fuori. Non mi va che quel pazzo sia ancora libero di girare e aggredire senza problemi.”

“Sissignore, come lei *comanda*” fu la risposta, ancora una volta sarcastica.

Elena sembrò non averla neppure notata mentre usciva dalla stanza come una tempesta in pieno agosto, chiamando la sua amica ad alta voce.


Non appena la porta si chiuse dietro di lei, John si girò ed offrì al suo capo il suo migliore, inimitabile sguardo da cucciolo appena punito. Bailey non potè trattenersi dallo scoppiare a ridere.

“Bailey, non posso crederci …”

“Benvenuto nel mondo degli ammogliati, John!”


****

“Che ne pensi?” Elena le chiese.

Ilaria guardò il corpo della giovane donna, martoriato dalle percosse, ancora una volta, prima di ricoprirlo e di incrociare lo sguardo teso e preoccupato della sua amica.

“Penso che non ci sia alcun dubbio, vero Ilaria? E’ morta a causa del pestaggio.”

John rispose mentre raggiungeva le ragazze. Si accovacciò e rimosse parzialmente il lenzuolo, giusto per dare un’ulteriore occhiata al volto della vittima.

“Povera ragazza … talvolta è così difficile tenere le mani lontane da quei figli di puttana quando li prendiamo!”

“Comunque, io non sarei così sicura sulla causa della morte …” Ilaria aggiunse tranquillamente.

“Cosa intendi dire?” John ed Elena chiesero contemporaneamente.

“Beh, il dubbio mi ha attraversato la mente nel momento esatto in cui ho visto la sua lingua. E’ quasi totalmente nera.

Elena dischiuse le labbra della ragazza con grande cura.

“John, guarda qui. Ha ragione.”

Gli occhi azzurri di John incrociarono quelli verdi di sua moglie, prima che lui stesso guardasse nella bocca della vittima. Dopo pochi secondi era nuovamente in piedi, cercando disperatamente di togliere la polvere dai suoi pantaloni.

“Ok, ma questo cosa significa? Voglio dire, potrebbe aver mangiato qualcosa tipo liquirizia. Questa non ti fa morire. Diversamente un pestaggio …”

“Hai ragione John, ma il problema è che non c’è alcuna traccia di liquirizia sulla sua lingua. Oltretutto, non appena potrò eseguire altri tests sul suo corpo, sono sicura che scopriremo che è morta prima del pestaggio.”

“Come puoi esserne così sicura?” Elena le chiese.

“Niente di niente sotto le sue unghie, non ci sono tracce di costrizione sui polsi, intendo dire, come se tu cercassi di tenerla ferma mentre la percuoti. Questo vuol semplicemente dire che non ci sono evidenze che lei abbia cercato di difendersi. Troppo semplice. Porta solo a due ovvie conclusioni: una, era svenuta. Due, era già morta. Io scommetterei sulla seconda, visto che sono confidente del fatto che la lingua è diventata nera a causa di un veleno.”

****

“Bingo!”

John sussultò e girò la testa verso il laboratorio, mentre si alzava dalla sedia.

“Cos’hai scoperto?” chiese ad Ilaria appoggiandosi allo stipite della porta.

Ilaria si mosse andandogli incontro ed improvvisamente gli sventolò un pezzo di lingua della vittima davanti al volto.

“Urgh! E QUESTO cos’è?”

“*QUESTO* è parte della lingua della nostra vittima. Avevo proprio ragione. E’ stata avvelenata in qualche modo. Non so dirti se questo veleno abbia un nome, visto che sembra essere una combinazione di diversi tipi. Saprò dirvi di più quando ci incontreremo tutti nella sala di comando.

“Quindi … questo vuol dire che hai anche le prove che la donna sia morta prima di essere picchiata.”

“A-ha. Giusto. Dovrebbe essere morta ieri notte, diciamo verso le undici. Posso dirti invece che le ferite e le fratture che ha riportato sono state inferte almeno due ore dopo. L’unica cosa che mi infastidisce è che ho la sensazione di perdermi un dettaglio, qualcosa che sono sicura possa portarci al killer.”

“Darò nuovamente un’occhiata alle mie scartoffie, per vedere se posso trovare altri dettagli per aiutarti.” Si girò, avviandosi verso la sua scrivania.

“Elena?”

Si girò nuovamente. “Cosa?”

“Non la vedo da ore.”

John alzò gli occhi al cielo,puntando le sue mani sui fianchi.

“Non dirlo a me. Sta andando avanti e indietro in quel suo ufficio da quando siamo tornati.”

Ilaria ammiccò. “Talvolta il suo comportamento ti ricorda Sam, vero?”

“Si, ma almeno lei mi apriva la porta e mi faceva entrare quando glielo chiedevo!”

****

*Alla Sala Comando*

“George?” Bailey si girò, dando le spalle al grosso schermo della Sala Comando “Cos’hai scoperto per noi?”

“Cercando tutti i referti di morte nei files dell’FBI che contengano qualunque riferimento a veleni e lingue nere, sono venuto a capo di sei altri casi di omicidio irrisolti e apparentemente con lo stesso modus operandi. Ilaria?”

Ilaria si aggiustò un boccolo biondo dietro il suo orecchio sinistro mentre si dirigeva verso lo schermo che ora mostrava sei foto degli omicidi correlati al loro caso.

John si sporse verso sua moglie. “Sai, si comporta proprio come faceva Sam quando si tocca i capelli a quel modo… ouch! …Ow!” quasi urlò per il dolore dopo che Elena lo aveva colpito direttamente nelle costole.

“Hey amico, non far mai arrabbiare una ragazza italiana a quel modo. Sono così gelose …” Nate ammonì il suo amico il quale ancora si massaggiava furiosamente la cassa toracica.

“Meglio che stai zitto o farai proprio la stessa fine del tuo amico …”

“Hey, l’asilo è per i bambini, non per agenti dell’FBI!” Ilaria urlò ai tre con le mani sui fianchi.

Bailey sorrise mentre scriveva. Era tanto tempo che il suo team non appariva tanto unito e nuovamente motivato. Forse quelle ragazze italiane erano state davvero una medicina per la VCTF

“Va bene ragazzi, il divertimento è finito. Torniamo al lavoro, abbiamo un pazzo da scovare.” Rivolse il suo sguardo al loro futuro medico legale. “Ilaria, vuoi continuare per favore?”

“Grazie, Bailey. Allora, leggendo tutti e sei i referti, ho potuto effettivamente scoprire che tutti menzionavano tracce di veleno. Dovrei controllare i corpi per confermare che le lingue siano nelle stesse condizioni di quella della nostra vittima, ma ciò purtroppo non è più possibile. Comunque, visti i risultati sui referti e confrontandoli, la percentuale che tutte loro siano vittime dello stesso killer è davvero alta. Per vostra informazione, il veleno è un misto di più di 12 diversi tipi.


“Molto bene, Ilaria, grazie.” Bailey concluse, sempre prendendo appunti. “Elena, sei già in grado di darci un profilo psicologico del killer?”

Elena si alzò e raggiunse la sua amica vicino allo schermo. Guardò le foto intensamente.

“E’ un tipo in gamba e accidenti, è dannatamente preparato. Si intende di medicina, biologia e forse persino di magia bianca e nera. E’ metodico. Fa le cose sistematicamente e non lascia mai alcuna traccia che possa portarci a lui. Ha bisogno di uccidere in questo modo perché deve risultare come una punizione che lui amministra. Devono aver fatto qualcosa di mortalmente sbagliato per lui.”

Elena si interruppe, nuovamente guardando le foto che George stava ancora mostrando sullo schermo.

“E’ un punitore. All’inizio attira le sue prede, loro non hanno idea che stanno per essere avvelenate. Quando finalmente realizzano, è troppo tardi. In quel momento, lui può dare libero sfogo alla sua rabbia e picchiarle selvaggiamente. Questo modus operandi ha due vantaggi per lui: primo, è davvero chò che lui vuole fare loro. Secondo: i corpi sembrano essere stati picchiati a morte, proprio come il nostro John ha creduto in prima istanza. Questo ci fa percorrere la strada sbagliata e gli concede tempo prezioso per svanire nel nulla e continuare la sua missione.”

Nel contempo, John continuava a masticare la sua penna, cercando di elaborare ciò che sua moglie stava affermando.

“Un missionario … un punitore … un pazzo con una mente contorta e malata che crede che il mondo debba essere purificato dai peccatori, eh? Forse è proprio qualcuno che desidera una vendetta personale … o forse è un professore o uno scienziato. Perché la persona di cui ci stai dando il profilo è davvero colta e preparata, vero tesoro?

Ilaria puntò il dito verso il giovane agente speciale.

“Questo è proprio ciò di cui ti stavo accennando nel laboratorio, John. L’elemento mancante!” Ilaria disse eccitata. “Forse ciò che ci stava sfuggendo era la questione della “missione” Forse è un ex poliziotto, la cui mente è completamente andata.”

Bailey agrottò un sopracciglio. “Ma cosa mi dici allora della ritualità che sembra giocare un ruolo importante qui? I poliziotti dalla mente malata non mostrano spesso alcun attaccamento a rituali. Io starei più sulla parte magica, forse un sacerdote, qualcuno che faccia rituali magici o … “

Elena and Ilaria si scambiarono uno sguardo.

“… o forse è un prete!” entrambe esclamarono allo stesso tempo.


****

“BINGO!!!”

John stava dondolandosi sulla sedia in equilibrio precario, i piedi sulla scrivania e masticando la penna, perso nei suoi pensieri. Sussultò così violentemente all’urlo improvviso che le sue orecchie registrarono, che mancò clamorosamente ogni possibile appiglio alla scrivania o a qualunque altra cosa che avesse potuto salvare il suo sedere dallo sperimentare una violenta caduta direttamente sul pavimento dell’FBI.

*BONK*

“Ow! Dannazione! Che cavolo …” grugnì ad alta voce cercando di rimettersi in piedi. George, Elena e Ilaria lo stavano guardando, Ilaria con le mani sulla bocca, cercando disperatamente di soffocare le risa. Quell’uomo era davvero buffo a volte. Proprio ciò di cui la sua amica aveva bisogno al suo fianco.

“Oh tesoro, stai bene? Ti sei fatto male?” Elena gli chiese mentre lo raggiungeva ma senza riuscire lei stessa a nascondere le risa.

“No. Non io. Solo il mio orgoglio.” John rispose sarcasticamente una volta riacquistato contegno. Si girò verso il trio.

“Ragazzi, ditemi: ma questa faccenda del *Bingo* … per caso è il mio nuovo nome? O forse è una parola in codice da cui capisco che dovete parlarmi urgentemente? Sapete, mi stavo giusto chiedendo: pensate che *Bingo* si addica di più alle mie fattezze e alla mia personalità? Perché, spiacente di darvi questa notizia, ma io ho un nome scritto sul certificato di nascita e dice John, non *Bingo*!

“Dai, Bingo, vieni a vedere cosa abbiamo scoperto. Penso che abbiamo trovato il nostro uomo!” George li chiamò dalla sua postazione mentre digitava velocemente sul suo portatile.

Ognuno prese posto nella sala comando. George immediatamente mostrò la foto di un prete.

“Penso che sia il nostro uomo.” Ilaria affermò decisa.

“Un prete?”

“Si, John. Si chiama padre Ronan Kerrigan.”

George fece apparire altri dettagli sullo schermo, proprio al lato della fotografia.

“Dice messa alla Chiesa di Saint Patrick su Peachtree Street.” Aggiunse girandosi verso i suoi colleghi.

Ilaria si alzò per raggiungere lo schermo. “George ha scoperto un elemento base che ci ha permesso di arrivare a lui: tutte le vittime vivevano nel quartiere e soprattutto assistevano alla sue sue funzioni.”

Elena si voltò verso suo marito. “John, perché non parli con uno dei tuoi informatori per avere notizie su questo prete? Mi serve sapere se quest’uomo è famoso per essere strettamente “ligio alle regole” se comprendi ciò che voglio dire…”

John agrottò un sopracciglio. “Pensi che sia ossessionato dalla Parola di Dio al punto da sentirsi l’unico che possa recitare la parte del messaggero di Dio in terra? O che creda persino di essere lui stesso Dio così può punire i peccatori per purificare questo mondo corrotto?”

“Wow … vedo che sei preparato in materia … sono impressionata …” Elena scherzò.

“Dolcezza, non dimenticarti che sono irlandese …”

La stessa affermazione rese John improvvisamente serio, non a suo agio, come ogni altra volta che finiva per ricordare cose del suo passato, di Boston.

Sorrise amaramente. “E’ uno dei pochi bei ricordi che ho della mia infanzia a Boston …” spiegò abbassando i capo. Elena si sporse verso di lui e ne baciò le labbra dolcemente, cercando di diminuire il suo dolore e dimostrandogli di essere lì per lui ora, domani e per sempre.

“Ok basta con le smancerie ora, abbiamo del lavoro da fare.” Ilaria disse facendo finta di fare la dura per rallegrare l’atmosfera.

“Sembri proprio Bailey …” George si lasciò sfuggire e immediatamente fermò il commento di John sul nascere. “Non pensarci nemmeno di dire ciò che vuoi dire … ti conosco, non possiamo rischiare che tu imiti Bailey quando è ancora in ufficio. Lo sai, ti ucciderebbe!”

“Ok seriamente, cosa facciamo per prendere quest’uomo?”

“Che ne pensate di cercare di parlare prima con lui e vedere come reagisce alle nostre domande?” Elena propose.

“Penso che questo possa considerarsi un piano. Ok gente, muoviamoci!” George disse in tono scherzoso.

“Tu ora sembri proprio Bailey!” John commentò ad alta voce. Troppo alta …

“Chi sembra me?”


Ilaria prese John per la camicia. “Noo, hai capito male, ha detto *L’ho visto proprio ieri*. Continuò spingendolo verso l’ascensore. “Stupidone, vai ora, vai, vai!”


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To be continued...

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Ilaria Cole
view post Posted on 8/11/2003, 16:23




Raga,
ecco la continuazione di IN THE HEAT OF THE NIGHT in Italiano.
Mi raccomando, leggete magari nuovamente le parti precedenti (non sono lunghissime) così vi ricordate il tutto.
Domani con moltissima probabilità un altro pezzo ... direi fondamentale ... arriverà indovinate chi???????

Miao
Ilaria Cole (o, come dice John "ILAIRA")
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Chiesa di San Patrizio – ore 18.00

Ilaria aprì con circospezione la porta della chiesa. Sull’altare padre Ronan stava celebrando la messa.

“Ok. Come procediamo?”

“John, penso che dovrei entrare come un normalissimo fedele. E’ meglio che entri io per prima, in modo da non destare alcun sospetto. Diversamente, se vede te …”

“Che vuoi dire? Ero un bravo bambino. Andavo tutte le domeniche a servir messa”.

“Giusto … quando eri piccolo. Adesso penso che capirebbe a un chilometro di distanza che sei un Federale. Andiamo, io entro. Voi due controllate i dintorni. Sono sicura che ci sono altre porte che potrebbe usare se volesse scappare. Funzionano i vostri auricolari?”

“Affermativo” risposero i Grant all’unisono.

“George? Puoi sentirci dal furgone?

“Sì, Ilaria. Forte e chiaro. Anche Bailey, che è qui con me”

Bailey intervenne “Forse potevo stare a casa. Vedo che sei in grado di dirigere perfettamente l’intera operazione e anche la coppietta felice …” disse sorridendo.

“Dai, lasciamelo dire …”

“Dire cosa?”

“Ok, gente, muoviamoci”

“Oddio, ho creato un mostro!”

****

Ilaria aprì con cautela la porta d’ingresso ed entrò. Si sedette sui banchi a metà strada verso l’altare. In quel momento padre Ronan stava recitando le preghiere eucaristiche.

“... Ricordati, Padre, della tua Chiesa diffusa su tutta la terra; rendila perfetta nell’amore insieme col nostro Papa, il nostro vescovo e tutto l’ordine sacerdotale. Ricordati dei nostri fratelli che si sono addormentati nella speranza della resurrezione e di tutti i defunti che si affidano alla tua clemenza: ammettili a godere la luce del tuo volto. Di noi tutti abbi misericordia ...

“John, mi senti?” Sussurrò Ilaria.

“Sì. Sono all’uscita di quella che potresti definire la navata sinistra della chiesa se tu fossi di fronte. Ha già finito con la messa?”

“Non ancora. Siamo quasi alla Comunione. Elena?”

“Eccomi, sto coprendo l’uscita della navata opposta a quella dove si trova John. I fedeli useranno probabilmente quelle porte per uscire quando la messa sarà finita”

La voce di Bailey giunse attraverso gli auricolari. “Elena, John. Entrate tutti e due appena l’ultima persona è uscita. Parlategli e vedete come reagisce alle vostre domande. State attenti. Ilaria, stanne fuori, ok? Non sei ancora un agente dell’FBI, dai un’occhiata, ma voglio che tu stia lontana se scoppia l’inferno. Ok?”

“Sicuro, farò come dici” Sussurrò ancora Ilaria

Padre Ronan elevò le mani verso il soffitto. “ … Ecco l’Agnello di Dio che toglie i peccati del mondo … Beati gli invitati alla cena del Signore”.

“Elena, cosa dici, posso fare la Comunione? Non dovrei andare a messa domani …” disse Ilaria abbassando la sua voce più che poteva.

“Non provare nemmeno e muoverti dal tuo banco, capito?” Sibilò John. “Oggi non ho intenzione di giocare a Superman per salvarti il c***!”
“… Whoa … gentiluomo della Georgia???”

“No … del Massachussets …”

“Quello che John sta … *gentilmente* … cercando di dirti …” intervenne Elena “è che non puoi rischiare la tua vita adesso, come ti ha spiegato Bailey. Non sei addestrata, quindi non ti muovere e tieni d’occhio la situazione per noi. Noi entreremo non appena la chiesa sarà vuota e questo sarà quanto ci dovrai dire”.

“ … Uff … ricevuto.” Fu la sua risposta piena di delusione.

Pochi minuti dopo padre Ronan impugnò nuovamente il microfono.

“Vi benedica Dio onnipotente, Padre, Figlio e Spirito Santo. Andate in pace per amare e servire il Signore”.

Ilaria avvertì i compagni di squadra. “Ragazzi … la messa è finita. La gente si sta dirigendo verso le uscite. Mi sto muovendo anch’io. Andrò ad accendere qualche candela lontano dall’altare, così non vedrà che sono ancora dentro. Altrimenti potrebbe facilmente sospettare che qualcosa non vada per il verso giusto”.

“Va bene”. Rispose John.

Ilaria si alzò dal suo posto e con cautela si diresse verso l’entrata principale della chiesa. Attraversò la navata destra senza essere notata dal sacerdote, che stava riordinando l’altare, aiutato dal chierichetto.

Non appena ebbero terminato, entrambi scivolarono rapidamente nella sacrestia.

Ilaria portò il suo indice sinistro all’auricolare. “Ragazzi … è già nella sacrestia e ci sono ancora quattro persone qui intorno”.

John cominciò a guardare la gente che usciva dalla porta presso cui stava appostato. “Ricevuto. Entreremo non appena la chiesa sarà completamente vuota. Lo attenderemo fuori dalla sacrestia, dovrà uscire prima o poi, non è vero?”.

“Sto controllando la chiesa da fuori con George. Non ci sono altre porte nella sacrestia, e quindi …” Elena rispose prontamente.

“Ragazzi … qui dentro non c’è più nessuno”. Intervenne Ilaria.

“Ok Elena, muoviamoci”. John sussurrò a sua moglie attraverso l’auricolare.

Elena socchiuse la porta, attraversò la navata centrale e si diresse verso il lato sinistro della chiesa, dove la porta della sacrestia era ancora chiusa.
Suo marito era già dentro, nascosto dietro una colonna nei pressi della navata sinistra. Si lanciarono un’occhiata prima che John facesse cenno di sì con la testa, tirando lentamente la pistola fuori dalla fondina.

Pochi minuti dopo, padre Ronan lasciò la sacrestia e si diresse nuovamente verso l’altare.

“Padre Ronan?”

Il sacerdote sussultò dalla sorpresa. “Sì. Chi è lei?”

Elena si avvicinò. “Mi dispiace, non la volevo spaventare. Sono Elena Grant, sono una giornalista dell’Atlanta Chronicle.”

“E come potrei … potrei … aiutarla?”. Sembrava un po’ nervoso.

“Beh, ha sentito dell’ultimo omicidio avvenuto qui nelle vicinanze?”

“Sì … e allora?”

“Il suo nome era Claire Keating. E’ solo la sua ultima vittima. Qualcuno mi ha detto che frequentava questa chiesa e che lei era il suo confessore”.

“Guardi Signora …”

“Grant.”





“Signora Grant … io … sì, la conoscevo, ma … non capisco perché dovrei parlarne a lei … voglio dire … esiste un sacramento chiamato confessione …”.

“Padre Ronan, non le sto chiedendo di parlarmi dei suoi peccati, non hanno nessuna importanza per me …”.

Egli scoppiò in una triste risata. “Proprio al contrario, mia cara, la DEVONO avere! Se tutti fossero consapevoli dei peccati in cui viviamo ogni giorno, questo mondo sarebbe più facile da governare, specialmente per noi, guerrieri di DIO” terminò quasi urlando.

Ora stava sudando copiosamente e il suo corpo stava tremando visibilmente.

*Deve proprio essere il nostro uomo* pensò John e rafforzò la sua presa sull’impugnatura della pistola. *Tesoro, stai attenta …*

“Padre Ronan …”

“Che cosa pensa realmente di me, signora Grant? Ho una missione da compiere e non posso più perdere tempo a parlare con lei. Spero che possa capire”.

“Padre Ronan, ha provato a parlare con la polizia o con l’FBI? Forse la sua testimonianza potrebbe essere d’aiuto”.

I suoi occhi divennero fiammeggianti, pieni di rabbia. “Aiutare? AIUTARE??? Noi messaggeri non diamo e non abbiamo bisogno di nessun aiuto … noi seguiamo il destino che il Signore ci ha assegnato per … lei non stava seguendo le regole, ok? Lei faceva … faceva … faceva le … cose SPORCHE e pensava che tutto potesse essere cancellato solo confessandosi con me. MA. NON. E’ .VERO.!!!!”.

In quel momento stava urlando. Il chierichetto uscì dalla sacrestia per vedere che cosa stesse succedendo e si diresse verso l’altare. John lo fulminò con un’occhiata e gli fece segno di allontanarsi. Il ragazzo, vedendo la pistola del giovane agente, si guardò intorno con aria preoccupata e, invece di cercare una via di scampo, corse verso il sacerdote.

*Maledizione* pensò John, spingendo il suo indice verso l’auricolare.
“Bailey, qui abbiamo una situazione potenzialmente critica. Il chierichetto è proprio vicino al prete, che sta diventando più nervoso ogni minuto che passa” sospirò.

“Elena?”

“Sono dietro di lei, il prete non mi può vedere. Tuttavia non è un bersaglio facile per me. Elena si trova fra me e lui”.

“C’è già un’altra squadra fuori dalla chiesa, John. Stai attento”

“Ricevuto”

Si voltò per guardare sua moglie, che in quel momento stava cercando di convincere l’uomo ad arrendersi

“Padre Ronan …?”

“Julian? Vieni qui, figliolo, non temere. Ti proteggerò io da loro. Sono malvagi.”

“Padre Ronan, lei è indubbiamente un buon sacerdote, ma ci sono altre regole che devono essere seguite altrettanto scrupolosamente. Lei ha bisogno d’aiuto e io sono in grado di darglielo. Suvvia, mi lasci …”

Padre Ronan improvvisamente estrasse un coltello dalla tasca dei pantaloni, afferrò il chierichetto e gli puntò l’arma alla gola. “Lei non sa proprio quello che dice, signora!”

John spuntò da dietro una colonna. “Fermo! FBI! Metta giù quel coltello e alzi le mani!”. Anche Elena estrasse la sua pistola. “Elena, vattene! Togliti di mezzo. ORA!” gridò suo marito.

Nel frattempo, nessuno aveva notato Ilaria, che, zitta zitta, aveva percorso tutta la navata destra. In quel preciso momento stava ben nascosta dietro una colonna, dove nessuno la poteva vedere.

“FBI, eh? Non ci provi nemmeno, Mister Muscolo, o questo bambino raggiungerà le donne all’inferno! Getti la pistola!”

“Pezzo di m****"

Padre Ronan era così occupato con la coppia, che non sentì Ilaria avvicinarsi dietro di lui con un grosso candelabro in mano. John le lanciò un’occhiata e lei lo invitò al silenzio ponendosi l’indice sulle labbra.

“Dovevano morire! Erano … SPORCHE! Non capivano! Era tutto sbagliato!!!”

John cercò di attirare l’attenzione del sacerdote su di sé, mentre Ilaria raggiungeva l’uomo. “Andiamo, metta giù quel coltello. La aiuteremo, Elena la aiuterà. E’ brava …”

“Non mi prenda in giro!!! Non pensi nemmeno …”

*THUD!*

Ilaria colpì da dietro in testa il sacerdote col candelabro. L’uomo lasciò andare il ragazzino, che corse immediatamente verso Elena. Padre Ronan fu tramortito, ma non al punto di svenire. Si girò e fissò Ilaria. Prima che John potesse prendere la mira e premere il grilletto …

*THUD!*

Ilaria lo colpì di nuovo, con successo questa volta. Padre Ronan cadde per terra senza un lamento.

John ripose la sua pistola nella fondina e si avvicinò al sacerdote, per essere sicuro che fosse veramente fuori combattimento, questa volta.

Poi corse verso sua moglie e avvolse fra le braccia il suo piccolo corpo. “Stai bene, amore?”. Emise un sospiro di sollievo, conoscendo già la risposta.

“Sì, John, sto bene, grazie.” Entrambi guardarono Ilaria. John cercò di mostrarsi arrabbiato, ma poi scoppiò a ridere. “Incredibile. Hai salvato la giornata …”.

“No, ti ho salvato il c*** … a te … e a tua moglie”.

“Ilaria! Siamo in chiesa!” La avvertì Elena, cercando di sembrare seria.

“ … whoa … gentildonna della Georgia?” John le strizzò l’occhio.

“ … no … italiana!” rispose Ilaria sorridendo apertamente.

Poi Bailey entrò nella chiesa con altri agenti al seguito. “Bel lavoro, ragazzi. Adesso lasciate che ci prendiamo cura di questo bastardo.”.

John strinse il braccio del suo capo. “Bai, Ilaira dovrebbe avere il piacere di ammanettarlo.”

*Il mio nome…stai storpiando il mio nome* pensò Ilaria alzando gli occhi al cielo.

“Lo ha messo fuori combattimento e ha salvato l’intera situazione qui dentro. Eravamo veramente a un punto morto e il ragazzino era nelle mani di un pazzo.” John sollevò un sopracciglio.

Bailey sussurrò: “John, dalle le manette”.

“Sarà un piacere”. Rispose, prendendole dalla sua cintura e lanciandole a Ilaria. “ E vai, sono tutte tue! Bravo, Ilaira!”

“Brav-a, John, l’aggettivo femminile finisce in *a*, non in *o*, che è per gli aggettivi maschili.”

“Non ti metterai a darmi lezioni adesso! Ho detto che non imparerò mai l’italiano, non ti basta, eh?”

“Non solo l’italiano …” Ilaria aggiunse sarcasticamente.

“Andiamo”. Elena toccò la spalla di John. “Ho bisogno di una doccia e … di un bel marito che mi massaggi il collo?” disse sorridendo.

“Signora, essendo QUEL marito, le sarei molto grato se potessi offrirmi come volontario!”


*********

 
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Ilaria Cole
view post Posted on 14/11/2003, 00:19




Ciao a tutti!!!

Visto che fremete d'impazienza, vi posto finalmente la scena in cui arriva ... indovinate un po' chi?

Baciottoli

Ilaria Cole



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OL’ TIMES GONE – ore 23.30


John alzò il suo boccale di birra. “Un brindisi alla dottoressa Ilaira Bernarding … “

*Non imparerà mai a pronunciare correttamente il mio nome …mmph … è una causa persa …* pensò Ilaria alzando gli occhi al cielo non appena sentì John storpiare il suo nome per l’ennesima volta.

“ … per essere diventata il nostro medico legale!” concluse.

Tutti sollevarono i loro calici e bevvero con soddisfazione. Erano tutti seduti intorno a un tavolo. Bailey, Elena, John e Marcus. George aveva dovuto abbandonare l’allegra compagnia, perché Richard stava tornando a casa e quindi doveva andare a prenderlo all’aeroporto

“Discorso! Discorso! Discorso!” chiesero tutti ad alta voce.

“Oddio … no, no!” Ilaria arrossì violentemente.

John batté le mani. “Dai, Ilaira! Di’ qualcosa al tuo pubblico, ma, per favore … non sulle ultime tecniche per dissezionare correttamente un cadavere.”

“Stupido … ok, ok. E va bene!” Sbuffò. “Sono lusingata, No, anzi, è un onore per me poter lavorare con voi, ragazzi. Siete una meravigliosa squadra, ho anche l’opportunità di collaborare con una mia amica di vecchia data … e ho un vero gentiluomo come capo”.

Bailey si schermì, sorridendo appena.

“Perché non lo conosci bene …” sogghignò John. Bailey lo guardò con occhio truce. John sollevò le spalle, poi strizzò l’occhio al suo superiore e amico. Bailey gli diede scherzosamente una pacca sulla spalla.

“Ilaria, conosci già il laboratorio, i tuoi compagni di squadra e tutti gli strumenti che hai a disposizione per svolgere il tuo lavoro. Forse l’unica cosa che ti manca è questo …” disse Bailey, e le porse un badge dell’FBI nuovo di zecca con tanto di fotografia. “Congratulazioni e benvenuta a bordo!”.

“Grazie e … oh Dio, che cosa posso dire?” replicò prendendo il suo badge quasi in lacrime.

John sollevò un sopracciglio. “Che … pagherai tu il conto stasera?” disse in tono scherzoso.

“Ehi, fratello, non potresti chiudere il becco per un momento e farmi sentire quello che dice il dottore qui? E ascolta anche tu! Forse potresti far entrare qualcosa di utile in quella zucca attaccata al collo che osi chiamare testa”. Disse Marcus ridendo al suo compagno di squadra.

Ilaria scoppiò a ridere. “Adesso, seriamente. Questo è un sogno che si sta avverando. Sapete, anche in Italia facevo il medico legale, ma non era come qui. Ore e ore a compilare rapporti su incidenti stradali in modo che le vittime o le loro famiglie potessero essere risarcite dalle compagnie di assicurazione. Tutti i santi giorni la stessa storia. Ogni sera che tornavo a casa, sentivo che c’era qualcosa di sbagliato in tutto questo, e adesso ho capito perché: non ero soddisfatta del mio lavoro. Poi Elena aveva avuto l’opportunità di lavorare con voi e aveva continuato a ripetermi che anch’io avrei potuto trovare qui la mia strada. Dopo tutto, lei ha trovato la sua, oltre all’amore …” Sorrise guardando Elena e John che si tenevano la mano.

“Quello era il passato, Ilaria. E il passato non c’è più”. Disse Bailey tenendo la mano di Ilaria nelle sue. “Ora dedicherai le tue competenze e la tua esperienza totalmente a questa squadra. Questo è il tuo presente e il tuo futuro”.

“BRAVOOO!” Gridò improvvisamente John alzandosi in piedi e applaudendo. Poi guardò sua moglie con aria interrogativa: “Tesoro, era brav-o questa volta, non è vero? Maschile …”

“John, smettila di fare il buffone e bevi la tua birra prima che diventi un brodo…” disse Elena ridendo.

Il cercapersone di Bailey si illuminò. Lo prese in mano e lesse il messaggio. “Devo tornare in ufficio. Brian Stalker è stato appena condotto in VCTF per testimoniare contro Marino. E’ sotto protezione, quindi preferiscono portarcelo di notte”.

“Ti accompagno io” Si offrì Marcus.

“No Marcus, non c’è bisogno di te stanotte. Posso prendere un taxi.” Replicò Bailey.

“Ti spiego io come agire. Noi due andremo con Marcus, io raccolgo la testimonianza in un batter d’occhio, poi lui mi può riportare indietro dalle mie ragazze.” suggerì John e guardò gli altri agenti. “Non ci metterò più di un’ora. Potete aspettarmi qui?”

Le ragazze sorrisero. “Certo” disse Ilaria. “Dal momento che sei tu a pagare il conto stasera …”

“A-ha, molto spiritosa!”. Finse di essere contrariato. Poi John consegnò a Elena le chiavi del Voyager. “E’ meglio che le tenga tu, in caso che non riesca a tornare in tempo …”

“Ok. A più tardi.”

I tre uomini lasciarono il ristorante. Elena e Ilaria nel poco tempo che avevano a disposizione si divertirono a rievocare i bei vecchi tempi in Italia, quando si erano iscritte all’università, quando avevano ottenuto il primo impiego, prima che Elena si arruolasse in Polizia e Ilaria venisse assunta dalla compagnia di assicurazioni per cui aveva lavorato.

“Quando chiamerai i tuoi genitori per dire loro del tuo nuovo lavoro con l’FBI?” Chiese Elena, vuotando il boccale di birra di fronte a sé.

“Lo farò domani pomeriggio, altrimenti si spaventerebbero e non sarebbero per niente contenti di ricevere una telefonata nel cuore della notte”.

Elena guardò il suo orologio. “Ci stanno mettendo un po’ troppo … per fortuna ho le chiavi della macchina.”

La sua amica alzò le spalle. “Non sono ancora stanca. Forse sono l’adrenalina e l’euforia che mi danno energia.” Concluse vuotando il suo bicchiere di birra.

“O forse è l’effetto collaterale della birra. Quante ne hai bevute stasera?” rise Elena.

“Non così tante e, a parte questo, dimentichi che non mi ubriaco tanto facilmente.” Disse Ilaria e improvvisamente rabbrividì. “Ma mi congelo facilmente con un condizionatore come questo ”.

“Puoi usare la mia giacca.” Propose la sua amica.

“No, grazie, aspettami solo un minuto. Vado a prendere la mia in macchina. Sarò indietro in un battibaleno.”

Ilaria uscì dal ristorante e si diresse verso il parcheggio dall’altra parte della strada. Il Voyager era posteggiato nella seconda fila, nell’angolo più buio. Spinse il bottone sulla chiave per aprire le portiere. Nessun segno di vita. Tentò di nuovo. Ancora niente.

*La pila del telecomando deve essere scarica e qui non si vede un accidente …* Pensò in quel momento mentre cercava disperatamente la serratura sulla portiera del passeggero.

Era pronta a rinunciare alla sua strenua lotta, che ormai sembrava irrimediabilmente perduta, quando udì un forte gemito.

“Ma … chi è?” chiese preoccupata. Non ricevette alcuna risposta. Stette immobile per un istante, poi scosse la testa come per scacciare un pensiero. “Devo averlo sentito da qualche parte nei miei sogni”. Rivolse nuovamente la sua attenzione all’automobile e raggiunse il lato del guidatore.

“Vediamo se questa volta ci riesco.” Riuscì a dire prima che il suo piede urtasse qualcosa per terra.

“Oow …”

Ilaria sussultò e il suo dito premette involontariamente le chiavi del Voyager. Questa volta il doppio *bip* si sentì e le portiere si aprirono. Ilaria spalancò velocemente quella del guidatore per prendere una torcia elettrica. Con sua grande sorpresa, un uomo giaceva al suolo, lamentandosi sommessamente.

Si inginocchiò e gli mosse leggermente la testa. Egli protestò al suo tocco con un sordo brontolio, ma quando il viso dell’uomo si trovò in direzione del fascio di luce, Ilaria trattenne il respiro con grande sgomento.

“Oh mio Dio! John!” mormorò. “JOHN!” urlò.

Impiegò una frazione di secondo per riprendersi dallo shock. Afferrò il suo telefono cellulare e compose velocemente il numero di Elena.

“Ilaria, cosa c’è?” rispose l’agente speciale.

“Puoi venire per piacere qui nel parcheggio? Adesso!”

“Qual è il problema? Stai bene?” domandò Elena in tono allarmato.

“Sì, sto bene, ma non posso dire lo stesso dell’uomo che …” riuscì a rispondere.

“Chi…? Ma che sta succedendo?”

“Elena … ti prego …” la interruppe Ilaria.

“Arrivo subito.”

Nel momento in cui Elena si stava avvicinando all’automobile, Ilaria si alzò e andò incontro alla sua amica per prepararla psicologicamente a quello che avrebbe visto.

“Elena, promettimi che non andrai nel panico …”

“Che vuoi dire? Chi è quest’uo …?” volse in basso lo sguardo, lo vide, poi si portò le mani alla bocca “Oh, Cristo … JOHN!”

“E’ vivo, stai tranquilla. Andrà tutto bene.” Ilaria cercò di rassicurare la sua amica, che si stava inginocchiando per dare un’occhiata più da vicino al volto dell’uomo. “Gli presterò le prime cure, poi chiamerò …”

“Aspetta.” Fu l’unica risposta che uscì dalla bocca della sua amica, che ora si esprimeva in un tono completamente differente.

“Huh? Come sarebbe a dire *aspetta*?”

“Non è John.”

“Mi stai prendendo in giro? E’ lui!” ribatté Ilaria in tono concitato, sicura che la sua amica avesse perso la testa e che non lo riconoscesse.

“Te lo sto dicendo, non è John. Conosco mio marito e quest’uomo è tutto tranne che lui. ”

“Ma che DIAVOLO ci fa questo qui, per l’AMOR DEL CIELO?”

Le ragazze sussultarono quando udirono una voce rabbiosa che proveniva da dietro di loro. Contemporaneamente si voltarono. Ilaria si bloccò e rimase attonita per alcuni secondi vedendo un John furente che stava in piedi presso di loro e guardava in basso in direzione del ferito.

Elena balzò in piedi. “Lo conosci, non è vero?” gli chiese tranquillamente come se già conoscesse la risposta.

“Ma certo che lo conosco. E’ mio fratello, dannazione!”
 
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Ilaria Cole
view post Posted on 15/11/2003, 14:46




Raga, come promesso vi invio un altro capitolo... Tenetevi forte...

PARCHEGGIO DELL’ OL’ TIMES GONE – 00:10 a.m.

“Tuo fratello? Ma che significa tutto questo, John? Ma che succede qui? chiese Elena, le braccia incrociate sul petto.

“Elena, non abbiamo tempo per le spiegazioni, adesso. Quest’uomo ha bisogno di cure. Dammi una mano per piacere!” Ilaria fece ampi gesti con le mani per attirare l’attenzione della sua amica. “Prendi il kit del pronto soccorso. Ce l’hai ancora, non è vero?”

“Sì, certo. John gioca a hockey coi Warriors, lo tengo sempre in macchina …” rispose Elena, e corse a prenderlo.

Proprio in quel momento, l’uomo che giaceva sull’asfalto emise un gemito.

“Sembra che stia riprendendo conoscenza …” notò Ilaria e gli passò gentilmente una mano fra i capelli “Riesci a sentirmi?” gli domandò.

Un altro lamento, più forte questa volta, uscì dalle sue labbra.

“Sono un medico. Puoi parlare?”

Questa volta urlò e cercò di muoversi. John immediatamente si inginocchiò per aiutare Ilaria. Istintivamente, pose le mani sulla cassa toracica del ferito, che emise un grido ancora più forte.

“Le sue costole devono essere danneggiate. Elena, passami quelle bende, ho bisogno di immobilizzare la cassa toracica prima di muoverlo per portarlo in ospedale.”

“Nooo!!!” gridò l’uomo disperatamente, ma riusciva a stento ad aprire la bocca.

Ilaria se se accorse e gli sfiorò la mascella sinistra con la massima cura. Sussultò dal dolore al suo gentile tocco. Sollevò la sua mano sinistra e afferrò la mano destra della ragazza.

“No … niente ospedali … Non posso … andare” poi dalla sua bocca uscirono in sordina alcune parole incomprensibili. Ilaria a stento riuscì a capirlo.

“Cosa ha detto?” Chiese John con impazienza.

“Ho capito qualcosa come *mi troveranno*. Ma di chi sta parlando?”

Nervosamente John prese il suo telefono cellulare dalla sua cintura. “Non lo so e non lo voglio sapere. Dai, Ilaira, chiamiamo l’ambulanza e lasciamo che lo trovino. Non voglio più aver niente a che fare con lui.”

Ilaria non disse una parola mentre, con l’aiuto di Elena, si adoperava per avvolgere col bendaggio la cassa toracica dell’uomo. Dopo un ultimo giro, strinse più forte e lo fissò. Egli digrignò i denti lamentandosi, mentre perle di sudore si formavano sulla sua fronte.

Ilaria carezzò teneramente la sua guancia. “Mi dispiace, ma è per il tuo bene. Non ho la più pallida idea delle lesioni che puoi aver subito, quindi …”

L’uomo cercò di volgere lo sguardo verso il medico legale. “Per favore … non …” mormorò nuovamente.

Ilaria si abbassò verso di lui per capire che cosa stesse cercando di dirle.

“No … non posso … Wallace … mi ucciderà …”

“Wallace? Ma chi diavolo è? Gli chiese John immediatamente, col cellulare ancora aperto in mano.

“John, no, non adesso, non è in condizione”. Ilaria si girò verso il suo amico. “Che cosa facciamo?”
“Un’idea l’avrei ma John, per favore, non prendermi per pazza …” disse timidamente Elena

“Perché dovrei?” chiese John, accompagnando la sua domanda con un cenno della testa.

“Portiamolo in … VCTF?”

John strabuzzò gli occhi e sul suo viso aleggiò una smorfia di disappunto. Non poteva credere alle sue orecchie.

“Cosa? Mai stai scherzando? NO! Lo porteremo dappertutto, ma non in VCTF.”.

“E che altra idea hai in mente, John? Non sembra al sicuro in ospedale, ma ha bisogno di cure. Non lo vorrai lasciare qui, spero? Rispose Ilaria.

“Questa idea sembra fantastica, credimi.”. John sbuffò. “Che cosa ben potremmo fare, voglio dire, piuttosto che essere licenziati?” rispose sarcasticamente.

“Potrei sottoporlo ad alcuni esami e, in ogni caso, ho bisogno di fargli delle radiografie”. Poi si volse verso l’uomo a terra, che si lamentava ancora sommessamente. Ilaria prese la sua mano sinistra nelle sue. Volse di nuovo verso di sé la testa dell’uomo, il cui respiro era divenuto un po’ affannoso.

“Ascoltami attentamente. Non andiamo in ospedale, ok? Ti portiamo in un altro posto, decisamente più sicuro. Una volta lì potrò visitarti approfonditamente e vedere quali altre lesioni hai subito. Se non c’è niente di grave, andremo a casa mia e lì mi prenderò cura di te. MA … se scopro che sei in pericolo di vita o non ho gli strumenti per curarti come si deve … allora, ragazzo mio, fili dritto in ospedale, che tu voglia o no. Possiamo organizzare per te una qualche protezione. Siamo agenti del FBI.”

“Gesù … anche tu!”

“Chiudi il becco e collabora!”

“John, ti prego … Adesso, puoi dirmi dove senti dolore, a parte le costole e la faccia?”

“Non so … dappertutto …” rispose, quasi piangendo.

Ilaria aveva già notato in precedenza che faceva fatica a respirare.

*Le costole devono fargli un male della miseria* pensò.

“Sh sh sh, stai calmo. Facciamo così: adesso ti tocco a caso le singole parti del tuo corpo. Dimmi solo dove ti fa male.”

Gli sfiorò il collo e le spalle, poi proseguì lungo le braccia. Non appena raggiunse l’avambraccio destro, sapeva già che era rotto prima che lui urlasse.


“Ok, ok. Ho finito.” Si alzò e sospirò. “Un’altra parte del corpo fuori uso. Allora, sembra che abbiamo nell’ordine costole danneggiate, lesioni al volto e un braccio rotto. E’ già troppo per me, suppongo. Comunque, sarebbe meglio andare. Elena, per favore apri il portellone della macchina. Devo abbassare i sedili in modo da creare una specie di letto. John, ti prego aiutami a sistemarlo. Le ginocchia devono stare in alto e i piedi puntati sul sedile. Ti puoi mettere a gambe incrociate vicino a lui, non voglio assolutamente che si giri o vada in panico mentre lo stiamo portando in VCTF.”

“Uff … è meglio che dimentichi gli altri progetti che avevo per stanotte…”

Dopo pochi ma terribili minuti per il fratello di John, i ragazzi finalmente riuscirono a sistemarlo in macchina. Lo sforzo e il dolore sostenuto dall’uomo avevano ormai avuto la meglio ed egli era proprio svenuto mentre Elena stava gentilmente sistemandogli il capo sul sedile e John si stava occupando delle sue gambe.

Elena istintivamente gli asciugò le lacrime che scendevano ormai copiose sulle sue guance, segno del dolore che aveva provato durante quegli interminabili minuti. John la guardò ma lei semplicemente alzò le spalle.

“Come sta?” chiese Ilaria mentre avviava il motore e si immetteva attentamente sulla strada.

“Ha fatto la cosa migliore che potesse fare per stasera. SVENIRE!” fu la risposta sarcastica del giovane agente. Prese nuovamente il cellulare dalla cintura, lo aprì e compose velocemente un numero.

“Malone.”

“Bai? Sei già a casa?”

“Si… Qualcosa non va?”

“Senti … Bailey, ho bisogno di un favore da te. Puoi chiamare Jacob al parcheggio della VCTF e dargli il tuo ok per farci entrare nel palazzo praticamente adesso?”

“Nel cuore della notte? Che succede, John?”

“Si lo so che è tardi, ma è un’emergenza”.

“Ragazzi, state bene???” chiese preoccupato.

“Si certo, è solo che …” sbuffò pesantemente. “C’è un uomo qui che ha bisogno di cure immediate, ma non vuole andare in ospedale … o meglio, dice che non ci può andare.”

“Ma che sta succedendo, John? Sei nei guai? Conosci quest’uomo?”

“Si … decisamente lo conosco e ti prometto che ti racconterò tutta la faccenda più tardi. Siamo già quasi arrivati e ho bisogno che tu chiami Jacob e ci autorizzi ad entrare, ok? Questo tipo può essere in pericolo, Bailey. Questa è la ragione per cui ho accettato di non mandarlo all’ospedale per il momento. Una volta che Ilaira lo avrà esaminato e avrà notizie più precise sulle sue condizioni, ti richiamerò. Promesso.”

Bailey sospirò. “John, ho fiducia in te e so che non faresti nulla di avventato per mettere in pericolo te stesso o gli altri del team. Solo … tienimi informato, ok?

“Ti richiamerò più tardi e … Bailey?

“Cosa?”

“Grazie…”

“Figurati.”

John chiuse il cellulare e lo riagganciò alla cintura.

“Non ci hai neppure detto il suo nome, John …” disse Elena prendendo la mano del marito nelle sue.

John rimase in silenzio per un attimo, mentre guardava l’uomo che giaceva al suo fianco. Sospirò, poi si girò verso Elena.

“Christian. Si chiama Christian.”

“Ne parliamo quando torniamo a casa?” sua moglie gli propose gentilmente.

“Mah, non è che ci sia molto da dire, sai…” sorrise amaramente, abbassando gli occhi e facendo finta di occuparsi di Christian, giusto per evitare di incrociare lo sguardo di sua moglie.

“Per fortuna, la VCTF non è lontana da qui.”

“Forse il suo stato di incoscienza ci sta dando una mano. Potremmo parcheggiare la macchina proprio vicino all’ascensore ed io potrei andar su e cercare una lettiga. In quel modo sarà meno difficile per noi trasportarlo …” John suggerì.

“E significherebbe anche meno dolore per lui, vero?” chiese Elena.

“Non è che me ne freghi molto di questa parte del piano…” egli rispose scrollando le spalle. “Spero solo che nessuno noti quanto ci somigliamo. Non ho voglia di dover spiegare le mie questioni familiari a sconosciuti nel bel mezzo della notte.” Concluse con un tono di voce quasi arrabbiato.



La macchina raggiunse il palazzo dell’FBI pochi minuti dopo. Christian era ancora svenuto, quindi John aprì il finestrino e salutò Jacob con un cenno della mano. L’uomo si avvicinò alla loro auto.

“Salve Jacob. Il signor Malone ti ha chiamato?”

“Si, signor Grant. E’ tutto a posto. Potete entrare. Avete bisogno di aiuto col vostro uomo?”

“No grazie. Penso che prenderò una lettiga per muoverlo.”

“Ma ragazzi, non avete niente di meglio da fare che venire al lavoro a quest’ora?”

“Non dirmelo, diciamo che è per … beneficenza.”

Ilaria portò l’auto direttamente nel parcheggio e raggiunse il punto più vicino all’ascensore.

John aprì il portellone posteriore e corse su per trovare una lettiga sulla quale avrebbero potuto sistemare Christian. Fu fortunato. Non appena entrato nell’ala del laboratorio, trovò subito ben due lettighe belle nuove, pigramente allineate lungo la parete. Prese la prima e la spinse verso l’uscita.

Il team cominciò le manovre per muovere Christian, seguendo attentamente le istruzioni di Ilaria. Il ferito si lamentò appena ma la fortuna era decisamente dalla loro parte, visto che tali lievi gemiti erano segno che Christian era ancora decisamente nel mondo dei sogni.

Sistemarono Christian attentamente sulla lettiga e John cominciò a spingere in direzione dell’entrata.

Non appena raggiunsero il laboratorio, notarono che c’erano solo due altre persone di tutto il personale notturno della VCTF. Questi si limitarono a salutarli con un cenno della mano. Portare corpi nel laboratorio a qualsiasi ora del giorno era una procedura standard per il loro ufficio, quindi nessuno prestava attenzione al gruppo più di tanto.
“ Ok. Adesso, John, sistema la barella qui vicino al lettino. Bene. Elena ed io prenderemo tuo fratello per le gambe e tu per le spalle. Al tre lo mettiamo sul lettino. Facciamo molta attenzione a come lo spostiamo. Con estrema probabilità, ha qualche costola incrinata o rotta. Non ne sono ancora sicura, ma di certo non voglio peggiorare le sue condizioni.”

Al tre erano perfettamente sincronizzati ed erano riusciti a spostare il ferito come desideravano. Christian non si era neppure lamentato stavolta.

“John per favore, potresti prendere dei cuscini dall’ufficio di Elena? Ho intenzione di avvicinare quel carrello e metterli proprio lì sopra.
Possiamo praticamente agganciare il carrello a questo lettino, in modo da appoggiarci il braccio rotto e fare in modo che non subisca altri traumi. Sarò veloce con le radiografie, tanto vedo che la parte che suppongo danneggiata è già decisamente gonfia.”

Ilaria cominciò a rimuovere attentamente il Rolex di Christian e un braccialetto d’oro dal suo polso e li passò a John non appena questi fu di ritorno dall’ufficio di Elena. Quindi prese l’RX portatile.

“Voi due dovreste uscire mentre la macchina per i raggi X è in funzione. Conoscete le procedure.”

John annuì. “Aspetteremo fuori. Tu … ci chiamerai se hai bisogno di qualcosa, ok?” disse mentre sua moglie gli metteva un braccio intorno alla vita.

Ilaria scambiò un’occhiata con la sua amica di vecchia data. Entrambe sapevano che John si sentiva sempre più a disagio ogni minuto che passava. Il medico legale cercò di regalargli uno dei suoi migliori e rassicuranti sorrisi. “Certamente lo farò, non preoccuparti. Ora tutti e due, fuori di qui!”

“Sissignora!” Elena rispose mentre gentilmente ma con decisione cercava di spingere John fuori dalla porta. “Su, tesoro, andiamo.”

Egli annuì nuovamente e lentamente lasciò il laboratorio con lei.

Ilaria iniziò i suoi tests posizionando la RX portatile in direzione del torace di Christian.

“Dai, Christian. Fammi vedere se è così grave come sembra…”

Pochi minuti dopo, John e Elena videro che Ilaria stava uscendo dal laboratorio.

John si alzò in piedi. “Come sta? Che hai scoperto?”

“Niente di certo ancora, John. Gli ho solo fatto le lastre. Sto andando a svilupparle, cercherò di essere il più veloce possibile.” Si girò verso Elena. “Forse vuoi venire con me mentre John rimane nel laboratorio con lui”.

“Rimanere…” deglutì. “… con lui?”

“Non voglio lasciarlo da solo, nel caso si svegli. Potrebbe avere un attacco di panico e farsi del male ancor di più.

“John?” Elena alzò lo sguardo verso suo marito. “Pensi di potercela fare, vero?”

Inspirò profondamente ed annuì. “Come no, certo. Andate, Posso … ce la posso fare. Certamente. Andate, ma fate in fretta eh? Tutte e due.”

“E tu, non schiaffeggiarlo mentre non ti vedo, ok?” Ilaria gli strizzò l’occhio, cercando di rallegrare l’atmosfera.

John sorrise. “Mi riserverò il piacere di farlo non appena lo avrai rattoppato.”


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Ilaria Cole
view post Posted on 16/11/2003, 22:55




A grande richiesta (di Juliandreamer) siamo lieti di postare una nuova avvincente puntata di .... tattarataaaaa!!!!

IN THE HEAT OF THE NIGHT

Ilaria *Ilaira* Cole

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LABORATORIO DI ILARIA – VCTF – ORE 00.45


“In un certo senso, direi che è fortunato. I danni sulla sua faccia sono meno gravi di quanto non abbia sospettato in un primo momento. Pensavo che avesse una mascella rotta, per cui sarebbe stato necessario che gli venisse bloccata la bocca con del fil di ferro, forse anche con un intervento chirurgico, e di consequenza avremmo dovuto portarlo in ospedale. Ma grazie al cielo è solo fratturata”

“Solo?” Dalla bocca di John uscì una risata sarcastica.

“Intendo dire che posso curarlo a casa. Borsa del ghiaccio sulla parte, molto riposo, parlare il meno possibile e niente cibi solidi almeno per due settimane. Questo dovrebbe bastare” spiegò Ilaria. “Ora, quanto agli altri problemi …” sospirò profondamente “Tre costole sono incrinate, sul lato destro della cassa toracica, come si può notare dai lividi. Devono essere trattate con molto attenzione, altrimenti rischia di rompersele o, peggio ancora, gli potrebbero perforare i polmoni. E questo lo vorrei proprio evitare”.

“E il braccio?” Chiese Elena indicando l’arto gonfio disteso sui cuscini. Alcune borse del ghiaccio vi erano già state applicate sopra.

“Ci stavo arrivando. Temo proprio che sia rotto. L’ulna, per la precisione. Almeno è una frattura non esposta. Guardando le radiografie, sembra che qualcuno gli abbia sbattuto il braccio violentemente contro un muro o qualcosa di simile.”

“Oh mio Dio, è terribile . Povero ragazzo …” disse Elena con gli occhi pieni di lacrime, mentre gli stava prendendo il braccio sano. Anche John lo guardò, ma non aggiunse nessuno commento.

“E’ necessario ridurre la frattura, ma non posso intervenire in questo momento. Meglio ancora, non lo farò qui, ma a casa mia.”

“Sei sicura di poterlo curare a casa tua?” chiese John alla fine.

“Sì, John, ce la posso fare. Dopo la riduzione della frattura posso steccargli il braccio per mantenere le ossa in posizione. L’unica cosa che mi manca sono i bendaggi per fare un’ingessatura, ma ci penserò più tardi, in mattinata.” Gettò un’occhiata al suo paziente, che stava ancora dormendo. “Presto starai bene, Christian.” sussurrò Ilaria in tono materno.

“Possiamo metterlo di nuovo in macchina e portarlo a casa?” chiese Elena.

“Certo, quando volete. Qui ho finito. Datemi giusto qualche secondo per prendere qualcosa di cui avrò sicuramente bisogno per curarlo come si deve.”

Si diresse verso l’armadietto del pronto soccorso vicino alla porta e si procurò pillole, altri medicinali, siringhe e bende.

*Non si sa mai. Meglio essere sicuri…*

Era quasi certa che più tardi avrebbe avuto bisogno di ogni singolo oggetto che aveva preso.

“Ok. Andiamo a casa”


****

BRIDGEWATER PLACE – parcheggio – ore 1.15


Elena parcheggiò il Voyager vicino alla porta dell’ascensore che sapevano essere il più vicino all’appartamento di Ilaria.
Christian cominciò a mostrare segni di risveglio. Sospirò e cercò di muoversi non appena l’automobile si fermò.

“Hey, hey, hey! Non provare nemmeno a muoverti finché non te lo dice Ilaira! Hai capito?” ordinò John, bloccando con forza le spalle di suo fratello. Era sdraiato sui sedili posteriori, esattamente nello stesso modo in cui lo avevano trasportato in VCTF. Solo il braccio infortunato era stato messo in un tutore di fortuna ed era stato posizionato in alto, lontano dalla sua dolorante cassa toracica, in modo che la sua mano destra toccasse la spalla sinistra. Intanto John teneva una borsa del ghiaccio sul braccio fratturato di suo fratello.

Non appena ebbe realizzato questo, il visto di Christian si trasformò in una maschera di sofferenza, il braccio gli doleva in una maniera indicibile e la pressione della borsa non faceva altro che aumentare il dolore. Cercò di allungare la mano sana per toccarlo.

“Ahi! Off … fa male!” si lamentò.

Ilaria aprì la porta posteriore dell’auto. “Ok, John, ora puoi farlo uscire. Il braccio è saldamente stretto al suo corpo. Adesso abbiamo bisogno di farlo alzare, in un modo o nell’altro” disse in tono pensieroso. Poi si abbassò verso il viso di Christian. ”Se ti aiutiamo, pensi di riuscire a metterti in piedi?.

“Mi farà … un male allucinante … non lo so se … ce la faccio …” piagnucolò.

“Non di preoccupare, Christian, John ti reggerà forte. Inoltre il mio appartamento è veramente vicino all’ascensore, dovrai solo fare pochi passi con l’aiuto di tuo fratello”.

“Sei sicura … mi aiuterà …?” fu la sua triste risposta.

“Certo, non voglio nemmeno una goccia del tuo sangue sul pavimento del mio condominio. Questo è poco, ma sicuro!”

Ilaria lanciò un’occhiata a John . “Adesso ho bisogno che mi ascolti, Christian, perché ti dirò ogni singola mossa che dovremo fare insieme, va bene? Così saprai esattamente che cosa aspettarti”. Christian fece un debole cenno con la testa. “Ti tireremo fuori dalla macchina, poi ti alzerai lentamente in piedi. Siamo qui per aiutarti, ok?”

Christian inspirò profondamente. “…Ok.”

L’intera operazione richiese solo pochi minuti, seguendo tutti alla lettera le istruzioni di Ilaria. Non che Christian non sentisse dolore, ma questa volta cercò almeno di rimanere cosciente durante quest’ardua prova.

Una volta che John ebbe aiutato Christian a uscire dall’automobile, mise delicatamente un braccio intorno ai fianchi di suo fratello, prestando attenzione alle costole incrinate e all’avambraccio rotto. John poi prese il braccio sinistro di Christian e gentilmente se lo sistemò sulle sue spalle per assicurargli il suo sostegno.

“Te la senti di camminare un po’, Christian?” chiese Ilaria.

“Sì … penso di sì …”

Con John che lo sosteneva, procedeva a piccoli passi, sospirando e sussultando ogni tanto.

Appena ebbero raggiunto l’ascensore e furono entrati, Christian, già esausto, si appoggiò al muro, sostenuto saldamente dal braccio di John.

“Coraggio … John non ti lascerà cadere”. Disse Elena, notando che mentre respirava sentiva dolore. “E quello che più conta è che noi siamo qui con te”.

L’ascensore si fermò al quarto piano. John rafforzò ancora la sua presa su Christian e gentilmente lo spinse fuori.

Dopo un paio di passi si fermò. “Aspetta … per favore … non ce la faccio …” si lamentò. Con tutto il peso del corpo appoggiato a quello di suo fratello, si toccò le costole con la mano sinistra, come se potesse alleviare il dolore che stava sentendo. Le lacrime scendevano copiosamente dai suoi occhi.

“Christian, questa è la porta del mio appartamento. Ce l’hai fatta. Ancora pochi passi. Una volta che avrai raggiungo il mio letto potrai riposare finché vorrai” gli disse Ilaria dolcemente.

Il suo corpo cominciò a tremare leggermente, ma abbastanza perché John lo notasse.

“Ilaira … sta tremando”

“Sta pagando lo scotto di tutto lo sforzo. Dobbiamo metterlo a letto. Subito!”


John riposizionò il braccio sinistro di Christian sulle sue spalle e fece quanto più possibile per sostenerlo mentre si dirigevano verso la stanza da letto. Non appena raggiunsero il letto, John si concentrò e strinse i denti. Nel momento in cui mise suo fratello sul letto e gli fece appoggiare la testa sui cuscini, i muscoli delle sue braccia si tesero per lo sforzo.

Christian lanciò a suo fratello un sorriso di ringraziamento mentre il suo corpo tremante toccava le lenzuola fresche di bucato. Il dolore e lo sfinimento finalmente ebbero la meglio su di lui e svenne.

“Christian …” sussurrò John.

“E’ svenuto di nuovo. Beh, non mi sorprende. E’ totalmente esausto. Approfitterò della situazione per cominciare a prendermi cura delle sue ferite.” Disse Ilaria, prendendo dalla borsa tutte le cose che aveva portato dal laboratorio. Guardò il gonfiore ed i lividi che ora erano evidenti sulla parte sinistra della sua faccia. “Avrei anche assolutamente bisogno di evitare ogni altro movimento della mascella …”

“Aspetta.” Elena alzò lo sguardo verso suo marito, poi di nuovo alla sua amica. “Devo avere ancora un collare che John ha dovuto portare un paio di mesi fa a causa di una spinta un po’ brutale durante una partita di hockey. E’ morbido su entrambi i lati ed è più grande di quelli che si trovano in giro. Forse potrebbe evitare che Christian muova accidentalmente la mascella.”

“Si … Può funzionare.” Fu la risposta del medico legale.

“Torno in un battibaleno!” disse Elena mentre già correva fuori dalla stanza.


Ilaria prese due paia di forbici dal comodino vicino al letto, uno dei quali porse a John.

“Dobbiamo tagliargli la giacca e la camicia.”

John non replicò, né si mosse.

“John? Stai bene?”

John chiuse gli occhi con forza e sospirò. “Si … sono solo un po’ stanco.” Rispose mentre tagliava la giacca di suo fratello. Improvvisamente si fermò. “No … sono stufo … sono stufo di tutto questo.” borbottò

“Che intendi dire?”

“Niente … non ha importanza …”

“Certo che ha importanza. Per me e per tuo fratello!”

“NO!!! A lui non gliene frega niente!!! Aveva la sua vita, perché diavolo è tornato qui a rovinare LA MIA???” urlò mentre il suo corpo cominciava a tremare.

“Tesoro, che sta succedendo?” Elena era ferma sulla porta, con il collare di John nelle sue mani. Lo porse ad Ilaria che immediatamente lo sistemò attorno al collo di Christian.

“Perché è venuto qui??? Gli avevo detto che non volevo avere più niente a che fare con lui!”

“Ma è tuo fratello …” disse tentativamente sua moglie.

“No, solo GUAI! Un legame con un passato che non voglio più ricordare!” urlò ancora e alla fine si accasciò su una poltrona vicina al letto. Si prese la testa tra le mani.

Elena istintivamente si mosse verso suo marito, ma Ilaria la fermò. Si scambiarono uno sguardo ed Ilaria scosse la testa.

John sospirò pesantemente ed alzò la testa. I suoi occhi erano talmente lucidi che sembrava avesse la febbre.

“Ero a Miami tre mesi fa, stavamo lavorando ad un caso che aveva a che fare con mio padre. Stavo cercando un uomo di nome Sullivan. Non appena entrai nel pub dove dovevamo incontrarci, tre uomini mi circondarono e mi dissero che mi stavano cercando. Mi chiamarono Christian Troy. Cercai di ragionare con loro, spiegando che il mio nome era Grant e che loro si stavano rivolgendo alla persona sbagliata. Allora uno di loro mi disse “sei il figlio perduto di Patrick O’Doyle, quindi non c’è nessun errore, Troy!” Nel frattempo, il propietario del bar aveva già chiamato la polizia e loro cominciarono a fuggire, ma non prima che uno di loro mi dicesse “ci incontreremo ancora, Christian Troy!”

Si passò le dita fra i capelli prima di continuare la sua storia.

“Non appena tornai ad Atlanta, andai alla Prigione di Stato, dove avevo schiaffato mio padre per il resto dei suoi giorni. Lo incontrai e chiesi chi accidenti fosse Christian Troy. Mi sembrò sinceramente sorpreso in prima battuta. Poi cominciò a ridere. “Allora lo hanno scoperto.” Mi disse. “Scoperto cosa?” chiesi. Mi diede quel nome. Cahill O’Connor. Questi sapeva che Christian era mio fratello, gemello per l’esattezza. L’aveva scoperto perché il patrigno di Christian era morto pochi giorni prima e uno degli scagnozzi di O’Connor aveva avuto accesso a tutti i documenti in casa sua. Non ho la più pallida idea di come possa aver fatto. O’Connor sa che sono il figlio di Patrick O’Doyle, ma di certo non sono una minaccia alla loro leadership mafiosa. L’unica scocciatura che posso dargli è che li vorrei tutti in gattabuia per il resto dei loro giorni. Ma questa è un’altra storia. Christian, al contrario, loro non sanno nulla di lui. Sanno solo che anche lui è un O’Doyle. E non penso che questo *bastardo* qui …”

“John, ma perché lo chiami così? E’ il tuo gemello, dopo tutto.” Chiese Elena, abbracciandolo e tenendolo stretto a sé.

Deglutì ancora, poi continuò il suo racconto. “Davvero non penso che *LUI* … voglia riorganizzare la banda di O’Doyle, ma sapete, loro ne vogliono essere sicuri. Penso che sia per questo che gli stanno addosso. Questa sarà di certo la ragione per cui non vuole andare in ospedale. Sarebbe il primo posto posto dove andrebbero a cercarlo.”

“Lo sapremo appena sarà in grado di parlare.” Disse Ilaria mentre gli toglieva il resto della giacca e della camicia. Elena cominciò a sganciargli la cintura e le ragazze insieme gli tolsero i pantaloni. Ilaria rimosse attentamente le lenzuola da sotto il suo corpo e con l’aiuto di Elena, poterono finalmente sistemare Christian nel letto. Ilaria prese un paio di cuscini e vi sistemò sopra il braccio rotto.

Ilaria guardò John che stava ancora visibilmente tremando.

“John? Vuoi un bicchiere d’acqua? Mi sembri esausto.”

John non si sentiva bene. Aveva la nausea. Istintivamente si tenne lo stomaco. “No. Me ne vado a casa.” Si girò e si avviò velocemente verso la porta.

Elena guardò la sua amica.

“Va’ da lui, Elena. Io sono a posto qui. Ce la posso fare da sola.”

“Ma …”

“Ha bisogno di te, corri!”

Si precipitò fuori dall’appartamento.


****

APPARTAMENTO DEI GRANT – 1.40 a.m.

“John? John! Amore, dove sei?” Elena chiamò preoccupata.

Corse nel salotto. Lui era lì, mani sul tavolo che respirava rabbiosamente.

“John …” gli scosse gentilmente il braccio. “John? Hey?”

Lui si girò, i suoi occhi erano colmi di lacrime. Avvolse teneramente le braccia attorno al piccolo corpo di sua moglie, appoggiando la guancia sulla sua testa. Rimaserò così per qualche minuto, poi senza lasciarla andare, cominciò nuovamente a parlare.

“Quando arrestai mio padre, mi diedero parecchie cose che aveva con sé, comprese le chiavi di casa. Dopo avergli parlato in prigione, volai a Boston e mi precipitai a casa sua. Non appena entrato, andai di sopra e cominciai a buttare tutto sottosopra. Stavo cercando qualcosa, qualsiasi cosa che potesse provare che io avessi davvero un fratello. Quando ormai pensavo che non avrei trovato un bel niente, un pezzo di carta mi finì tra le mani. Era una lettera che i Troy avevano scritto a Patrick O’Doyle, dicendo che Christian era in perfetta salute e che loro gli erano davvero grati. Nient’altro. Poi trovai una foto. Lo giuro su Dio, potevo essere io, solo che non lo ero. Era stata scattata a Miami ed io non c’ero mai stato da bambino, ne sono sicuro. Quindi, quello doveva essere Christian.”

“Decisi di incontrarlo a Miami. Parlammo. Fu sorpreso e profondamente colpito dalla scoperta del suo vero passato. Il fatto che avesse un fratello gemello e soprattutto che qualche mafioso lo stesse cercando. Ed io cosa ho fatto? Gli ho urlato contro, dicendogli che questa era la prima ed ultima volta che ci saremmo visti. Gli dissi che ora avevo una vita, che il mio passato mi aveva perseguitato da quando ero bambino e niente e nessuno avrebbe più rovinato quella pace che finalmente avevo trovato.

Sospirò profondamente poi guardò Elena diritto negli occhi. “Non ho più saputo nulla di lui da allora ed oggi …”

“E’ una vittima, John, proprio come te. Non puoi biasimarlo per essere tuo fratello. Lui non lo sapeva…”

“Lo so … ma non posso … non può succedere di nuovo!”

“Non sappiamo cosa succederà, John. Parleremo con Bailey, lui ci aiuterà. Inoltre se l’intera faccenda è così strettamente connessa a Patrick O’Doyle e O’Connor…”

John improvvisamente si portò le mani allo stomaco. “Sto per vomitare …” si allontanò da lei e corse in bagno.

Ebbe appena il tempo di cadere sulle ginocchia davanti al WC. Elena ne sollevò il coperchio proprio quando John cominciò a vomitare violentemente.

Elena si abbassò sufficientemente da sostenerlo e mantenergli un asciugamano bagnato sulla fronte. Gli massaggiò il collo gentilmente e lo baciò non appena avvertì che i muscoli del suo corpo stavano cominciando a rilassarsi.
“E’ finita, tesoro. Ora cerca di calmarti.”

“Sta cominciando di nuovo…” piagnucolò e vomitò di nuovo. Pochi conati ancora e si fermò, sedendosi pesantemente sul pavimento e appoggiando la testa sudata sulla spalla di sua moglie.

“Dai, adesso è veramente finita, amore. Ora riposa un po’ poi andremo a letto. Mi prenderò cura di te.”

Sorrise debolmente mentre si teneva lo stomaco dolorante con la mano sinistra.

Pochi minuti dopo, quando lei si accorse che si era calmato a sufficienza, Elena lo aiutò a rimettersi in piedi e lentamente si avviarono verso la camera da letto. John fece un grosso sforzo per cercare di togliersi i vestiti. Quando capì che non ce l’avrebbe fatta, si buttò sul letto dove si accoccolò contro sua moglie. La sua dolce voce e i suoi massaggi sul collo lo rilassarono sufficientemente per permettergli di cadere in un sonno profondo.


*****
 
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Ilaria Cole
view post Posted on 2/12/2003, 02:39




Ciao, raga

ho approfittato dei giorni in cui il forum era crollato per rattoppare Christian e tradurre la fiction. Visto che ho visto facce perplesse parlando di orti e rivendite di liquori, vi fugo ogni dubbio.

Buona lettura e baciottoli a tutti.

Ilaria Cole


APPARTAMENTO DI ILARIA – ORE 2.00

*Oh, Gesù, forse sarebbe stato meglio portarlo in ospedale.*

Ilaria sospirò e decise di cominciare a prendersi cura del viso di Christian. Il suo avambraccio rotto era già stato posto su una pigna di cuscini e sotto una borsa del ghiaccio per ridurre il gonfiore. Avrebbe poi ridotto la frattura prima di ingessarglielo. L’ingessatura … ecco un altro problema da risolvere. Dove avrebbe potuto trovarne una, o meglio, il materiale per fabbricarla? Il suo appartamento non era un pronto soccorso … In quel momento non poteva e non voleva pensarci, aveva parecchie altre questioni urgenti di cui occuparsi.

Mentre si avvicinava al viso di Christian, Ilaria tentò di sorridere. *In mezzo a questo macello, sembra indubbiamente un bell’uomo* pensò. Sì, dopo tutto anche John lo era, dal momento che erano praticamente identici … ma Christian era diverso, forse più affascinante.

Prese un batuffolo di cotone, lo bagnò con qualche goccia di perossido e si sedette sul letto accanto a lui. Ilaria sussultò al suo flebile lamento.

*Chiunque gli abbia fatto tutto questo gli ha reso proprio un bel servizio* pensò sarcasticamente e sospirò di nuovo pesantemente.

A questo punto Ilaria aveva solo l’imbarazzo della scelta: da dove cominciare esattamente. Dal suo occhio destro, tutto gonfio e tumefatto? O forse dalle ferite e dai lividi sulla sua mascella sinistra, fratturata? … Tanto per peggiorare la situazione … Prese un’altra borsa del ghiaccio e la pose con attenzione sul lato sinistro della faccia di Christian.

*Fortunatamente Elena ha un sacco di borse del ghiaccio a casa, per l’intensa attività di John come giocatore di hockey …*

Distrattamente Ilaria passò le mani fra i capelli di Christian, che sarebbero stati ricci se li avesse lasciati crescere. Proprio come quelli di John …

Scosse la testa e cercò di focalizzare la sua attenzione sul suo paziente. Sistemò di nuovo la borsa del ghiaccio sulla mascella sinistra di Christian, questa volta bloccata dal collare preso in prestito dai souvenir dell’attività sportiva di John.

“Ok Ilaria, è uno dei tuoi soliti giorni lavorativi con i tuoi *pazienti* … è pure svenuto, fai finta che sia morto e sarà tutto più facile.”. Parlò a se stessa ad alta voce e sospirò di nuovo.

Volse la sua attenzione a quel brutto occhio nero. Mentre puliva delicatamente la ferita vicino al gonfiore, le venne in mente che il suo paziente avrebbe dovuto avere gli occhi dello stesso colore di quelli di John.

Ilaria sorrise. Forse con molta cura avrebbe potuto tentare di aprirlo per controllarlo da un punto di vista medico, ma anche per dare un’innocente occhiata.

Con la massima attenzione, Ilaria cominciò a sollevare la palpebra gonfia. Apparve un occhio blu con l’iride contornata da una sinistra aureola rossa, dovuta alle percosse ricevute.

Ilaria ebbe giusto il tempo di prenderne nota che il suo paziente cominciò a muoversi e a lamentarsi.

“Cosa … dove … chi sei?”

Ilaria notò che l’uomo parlava con molta difficoltà a causa della pressione del collare contro la sua mascella e del dolore che sicuramente sentiva. Sperò che non gli facesse troppo male ma, a dire il vero, era fermamente convinta del contrario. Christian non aprì nemmeno il suo occhio sano.

“Shhh …” sussurrò Ilaria cercando di calmarlo. “Non ti sforzare a parlare se senti dolore. Hai la mascella sinistra fratturata. Come si senti?”

Christian cercò di toccarsi il viso ma a malapena trovò la forza di sollevare la mano sinistra.

“Solo … la mascella? … Mi sento come se … fossi stato investito da un TIR … sei un medico?” Questo fu tutto quello che Ilaria riuscì a capire dal tentativo di Christian di risultare quasi comprensibile.

Ilaria pensò a che cosa rispondere esattamente. “Ah … sì.”

“Ma questo che cos’è? … Un pronto soccorso? … Gli avevo detto …”

“Non ti preoccupare. Questo è il mio appartamento, ricordi? Ti abbiamo portato a casa mia. Sei al sicuro.”

Christian cercò di aprire il suo occhio. Il risultato fu ulteriore dolore ed emise un sordo gemito.

“Che … cos’ho … al collo?”

“Un collare per impedire alla mascella di aprirsi. Coraggio, non parlare, hai bisogno di riposare.”

“… John …” sussurrò Christian, ancora trasalendo per il dolore.

“E’ a casa adesso.” Ilaria prese la mano di Christian nelle sue per cercare di calmarlo.

Egli volse la testa il più possibile verso Ilaria.

“Mi chiamo … Christian …Troy.”

“Beh, a dispetto delle circostanze, piacere di conoscerti, Christian. Il mio nome è Ilaria.”

“ … Eh?”

“ILARIA. Nome italiano. Sono italiana.”

“ … Sean … devo … chiamare Sean…”

“Chi è Sean?”

“ … il mio cellulare …”. Christian cercò di alzarsi appoggiandosi al suo fianco sinistro, ma le costole incrinate gli fecero bruscamente ricordare la sua brutta avventura. Emise un forte lamento, poi svenne senza che dalla sua bocca uscisse più alcun suono.

In quel momento, Ilaria sentì squillare il cellulare di Christian.

*Oh Dio. E adesso che faccio?*

Senza pensarci un secondo in più, prese il telefono dal comodino e decise di rispondere.

“Obitorio!” fu tutto quello che riuscì a dire nell’emozione del momento.

“Come sarebbe a dire *obitorio*? Sto cercando Christ … a … a … aspetta un momento. Obitorio? E’ MORTO???”

“No, no, no! Sta bene, sì, beh, non proprio … diciamo che è … Scusami, ma tu chi sei, a proposito?

“Sono Sean. Sean McNamara.”

“Oh! *Quel* Sean!”

“Quel Sean chi?”

“Come *quel Sean chi*? Tu!”

“Tu chi? Io?”

“Sì, tu, proprio *tu*. Ok, adesso basta coi giochi di parole!”

“Giusto. E io stavo chiamando il mio amico. Ma, in tutto questo, *tu* chi sei, e che diavolo stai facendo col cellulare di Christian?

“Capisco che devi essere un suo intimo amico. Nient’altro?”

“E certo che sono qualcos’altro. Sono il suo socio! Ora, per l’amor del cielo, vuoi essere così gentile da dirmi chi diavolo sei e farmi subito parlare con il mio amico?”

“Il mio nome è Ilaria Bernardi, sono un medico legale e lavoro per l’FBI. Il tuo *socio* è stato trovato qui ad Atlanta alcune ore fa privo di conoscenza in un parcheggio. In questo momento mi sto prendendo cura di lui, dal momento che non voleva assolutamente andare in ospedale.”

“Oh Cristo, in che guaio si è cacciato questa volta?”

“Non ne ho idea. Forse dovresti venire qui e parlare con suo fratello.”

“Sì, certo … hey, come sarebbe a dire *suo fratello*? Ma quale fratello? E’ figlio unico!”

“Questo è … non importa. E’ una lunga storia, penso che dovresti prendere il primo volo per Atlanta e raggiungerci qui. Prendi nota dell’indirizzo: Bridgewater Place, Appartamento 34, quarto piano.”

“Ok, ce l’ho. Sarò lì prima possibile. Ehy, hai detto che sei un medico, giusto?

“Sì, perché?”

“E’ grave? Quali lesioni ha subito?

“Dunque … la lista è piuttosto lunga, ma stai tranquillo, sopravviverà. Ritieni necessario che parli col suo medico?”

“Non ha un medico. E’ un medico, proprio come me. Te l’avevo detto che siamo soci.”

Ilaria dopo questa affermazione, rimase in silenzio, attonita. Era un medico … Non lo sapeva quando avevano parlato un paio di minuti prima. Effettivamente era svenuto troppo presto per avere una conversazione sull’argomento.

“Ehy, sei ancora in linea? Pronto???”

“Sì, ci sono. Giusto, la lista.” Ilaria sospirò. “Ha tre costole incrinate, ma, stando alle lastre, non gli hanno perforato i polmoni. Ha una mascella fratturata, probabilmente per un forte pugno ricevuto, e si è rotto l’ulna destra, sinceramente non so come. Mi sono già presa cura della sua faccia e della mascella e gli ho fasciato le costole. Fra poco gli ridurrò la frattura al braccio”

“Oh Cristo! Avresti dovuto portarlo in ospedale! Non ce la puoi fare da sola!”

“Era terrorizzato solo all’idea che lo potessimo portare al pronto soccorso. L’ho sottoposto agli accertamenti del caso in VCTF. Stai tranquillo, ce la posso fare anche con la riduzione. Non sono sola qui.”

“Segni di commozione cerebrale?”

“Nessun colpo ricevuto in testa. Anche le lastre erano negative, mostravano solo la frattura della mascella.”

“Bene. Penso di poter essere lì nella prima mattinata se sono fortunato col volo. Hai bisogno di qualcosa?”

“No … anzi … sì. Primo, puoi dirmi se è allergico a qualche specifico medicinale? Sai com’è, prima che gli somministri qualcosa che gli provochi uno shock anafilattico.”

“No, almeno che io sappia”.

“Bene. Secondo, potresti portarmi alcuni bendaggi per un’ingessatura?”

“Bendaggi … per un’ingessatura?”

“Sì, certo, al braccio. Come se non avessi abbastanza da fare qui…”


****
 
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Ilaria Cole
view post Posted on 5/12/2003, 00:37




Ciao, raga, vi posto un altro capitoletto, promettendovi che presto ne arriverà un altro. Christian è ancora in corso di rattoppamento, deliziatevi con suo gemello.

Baci baci

Ilaria Cole

APPARTAMENTO DEI GRANT – ORE 3.00

John si svegliò improvvisamente, sentendo ancora male allo stomaco. Si voltò verso sua moglie e vide che stava dormendo placidamente, abbracciando un cuscino. Le si avvicinò e la accarezzò con tenerezza, cercando di non svegliarla, ma era certo che gli eventi di quella notte avevano stancato terribilmente anche lei.

Decise di alzarsi e di bere un bicchiere d’acqua, sperando che avrebbe attenuato la morsa di dolore che attanagliava ancora il suo stomaco. Entrò in cucina tenendosi il torace con entrambe le mani e riempì un bicchiere con acqua fresca del rubinetto.

Raggiunse la finestra e, mentre guardava le poche auto che passavano, vuotò il bicchiere. Dio, aveva proprio sete!

Si rese conto che aveva bevuto tanto velocemente che era quasi sicuro che il suo stomaco avrebbe rigettato tutto un secondo più tardi. Effettivamente ebbe un conato di vomito, per fortuna più lieve dei precedenti, così il suo stomaco riuscì a trattenere la tanto sospirata acqua.

Sospirò. Mentre tornava in camera sperò che Elena non si fosse nel frattempo svegliata. Fu contento di vedere che stava ancora dormendo come un angioletto.

Improvvisamente realizzò che sentiva la voce di Ilaria, che in quel momento stava salutando qualcuno. Con chi stava parlando? Non era Christian, non sentiva la sua voce in risposta, quindi poteva essere qualcuno al telefono.

Si sedette di nuovo sul letto e accarezzò dolcemente la schiena di Elena. Ella emise un sospiro di piacere, ma non si svegliò.

*Amore mio, devi essere tanto stanca* pensò John, lasciando che i suoi bellissimi occhi blu vagassero da una parte all’altra del corpo di sua moglie, che in quel momento era coperto dalle lenzuola. *Anche Ilaira sarà stanca morta. Spero solo che abbia finito con … *lui*!*

A proposito … come stava suo fratello? *Fratello* … una parola che non avrebbe mai creduto di pronunciare un giorno. Se qualcuno gli avesse detto che gli sarebbe successo, John senza ombra di dubbio lo avrebbe etichettato come pazzo.

Il suo pensiero di suo fratello gli fece dolere lo stomaco ancora una volta.

*Ma che diavolo ci faceva qui ad Atlanta? Di sicuro mi stava cercando …* si chiese mentre si stendeva nuovamente sul letto, tentando di trovare un po’ di sollievo per i suoi poveri muscoli dopo lo sforzo esercitato, prima sostenendo il corpo di Christian, poi vomitando in bagno.

Si girò sul fianco sinistro, ma, vedendo che quella posizione non gli era d’aiuto, tentò di sdraiarsi sul destro.

Niente da fare. Forse era ancora peggio.

“M***a” sospirò con la forza della disperazione. “Non riuscirò proprio a riposare stando qui”.

Forse avrebbe potuto bussare a casa di Ilaria. Forse aveva bisogno di aiuto con Christian. Dopo tutto, lui e Elena l’avevano lasciata da sola con lui … beh, non che suo fratello potesse far danni in quelle condizioni, ma non le aveva nemmeno chiesto se le occorresse qualcosa. Personalmente era troppo arrabbiato e addolorato per l’intera faccenda. Elena l’aveva compreso immediatamente e l’aveva seguito a casa, dove prima aveva lasciato sfogare la sua silente rabbia, poi aveva permesso al suo corpo di esplodere, alla fine.

Prese la penna e il blocco degli appunti. Una frazione di secondo dopo, sul foglio bianco comparvero alcune poche, ma chiare parole.

PICCOLA MIA, NON RIESCO A DORMIRE.
MI TROVI A CASA DI ILAIRA, FORSE HA BISOGNO DI AIUTO CON LUI.
TI AMO. JOHN.

Lasciò il blocco sul suo cuscino e si alzò nuovamente. Afferrò la sua maglia della squadra di football della VCTF e i suoi adorati pantaloni della tuta. Forse era veramente tempo di rendere visita a *lui*. Per Ilaria non ci sarebbero stati problemi, poteva scommetterci.








 
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Ilaria Cole
view post Posted on 12/12/2003, 02:29




Ciao!
Come preannunciato, proseguo nell'opera di rattoppo di Christian ...

Dreamer ... prepara la tua Red Cross Syndrome qui!

Buona lettura!

Ila*i*ra Cole


****

APPARTAMENTO DI ILARIA – 3.00 a.m.

Ilaria ora era pronta a prendersi cura del braccio di Christian. Beh … a pensarci bene … come cavolo poteva ridurre una frattura tutta da sola nel suo appartamento? O meglio, chi avrebbe mai potuto aiutarla a tenere fermo Christian mentre lei gli rimetteva le ossa a posto?

*John.*


Quel “qualcuno” doveva essere decisamente John. Aveva bisogno di lui e a prescindere dalle questioni che lui poteva avere contro suo fratello, Ilaria non avrebbe mai permesso che il suo paziente si ritrovasse con le ossa malamente saldate.

Si avviò speditamente verso la porta di casa e l’aprì con decisione.

Fu molto sorpresa quando si ritrovò davanti un John dall’aspetto un po’ sconvolto. Lo guardò in silenzio per qualche secondo. “Hai un aspetto orribile. Non riesci a dormire?” chiese.

“Posso entrare?” le domandò, con aria sarcastica sollevando un ciglio.

“Certo, certo …” rispose Ilaria, arretrando e lasciandolo entrare.

“Non disturbo, vero?”

“No, stavo proprio per prendermi cura del braccio rotto di tuo fratello. Ti va di darmi una mano?”

John si lasciò sfuggire una risata sarcastica. “E per fare “cosa” esattamente? Tappargli la bocca per impedirgli di svegliare tutto il vicinato con le sue urla?”

“A dire il vero, John, non te lo permetterei neanche. Mi sono appena occupata della sua mascella fratturata, utilizzando il tuo collare … ricordi? Meglio non toccarla adesso …” rispose lei con tranquillità ma con decisione.

Ilaria girò lo sguardo in direzione della camera da letto e guardò maternamente Christian.

“Loro … lo hanno conciato davvero per le feste, John…” ammise, sentendo che gli occhi le si stavano riempiendo di lacrime.

Lui intuì che gli avvenimenti e la tensione che stava sopportando le stavano facendo pagare lo scotto. L’abbracciò immediatamente. “E’ tutto sbagliato. Dobbiamo portarlo all’ospedale …” disse guardandola dritto negli occhi. “Non puoi affrontare tutto questo da sola. Non più.”

“No, non possiamo, John. Ricordi? Gli ho promesso di non portarlo all’ospedale. D’altronde, ho quasi finito qui, solo il suo braccio necessita di cure. Per fortuna che sono un dottore…”

“Puoi ben dirlo …” rispose, distrattamente grattandosi il capo e sbuffò. “Ok, allora… come posso aiutarti?”

“Vieni.”

Si diressero verso la stanza di Ilaria. Christian era ancora privo di conoscenza. Lei gli tolse la borsa del ghiaccio dal braccio.

“Allora. Siediti sul letto vicino a lui. Tienigli giù le spalle con forza. E’ importante perché con ogni probabilità si agiterà molto quando gli tirerò le ossa. Non voglio che le sue costole incrinate gli perforino i polmoni. Dio solo sa se abbiamo bisogno anche di questo adesso!”

John annuì e mise le mani esattamente dove gli era stato detto, mentre Ilaria cominciava a sollevargli il braccio e a posizionarlo con estrema cura per la manovra. Christian si lamentò appena ma in realtà non si svegliò mai.


“Bene. Adesso, mentre tu gli tieni le spalle giù, assicurati di tenergli bene soprattutto la parte superiore del braccio destro … ok, ora bloccagli il braccio sinistro tra il tuo ginocchio e la sua coscia. Wow, sei nato per fare il dottore!”

John la guardò male. “Allora, prossima mossa? Io sono già stanco.”

“No, seriamente, assicurati davvero di tenerlo giù, ok? Come ho già detto, istintivamente lui reagirà e cercherà di alzarsi durante la manovra di riduzione e a proposito, non ti impressionare se ruggisce come un animale ferito quando gli metto le ossa a posto.”

“Ma lui è un animale …”

“John! Il mio successo e meno dolore per lui dipendono da quanto lo riesci a tenere fermo, ok?”

John trasalì. “Non gli farai troppo male, vero?” sussurrò preoccupato. La sua mente rapidamente lo riportò indietro nel tempo e John ricordò quanto una riduzione potesse essere dolorosa. Era solo un bambino dopo tutto, quando suo padre lo aveva picchiato selvaggiamente. Ricordava molto chiaramente il dolore e la paura che aveva provato mentre i dottori si prendevano cura di lui.

“Già, ho paura che questo gli farà parecchio male, d’altra parte, lo sai, i miei pazienti si lamentano raramente …” gli fece l’occhiolino. “Ok, facciamola finita. Sei pronto?”

John deglutì. “Dimmi quando…”

“Ora!”

Ilaria tirò verso di lei le ossa fratturate con tutta la forza possibile, mentre John concentrò tutte le energie nelle sue braccia per tener fermo suo fratello.

Christian sentì che il suo corpo veniva colpito da un’improvvisa e violenta ondata di dolore. Questo si tese per reazione sotto le braccia di John. Spalancò l’occhio sano e cercò di urlare a più non posso, ma a causa del collare che gli bloccava la mascella, ne uscì fuori solo un grido soffocato. Mentre cercava istintivamente di rigettare l’insopportabile dolore che aveva improvvisamente provato in tutte le parti del suo corpo, Christian cominciò ad agitarsi convulsamente tra le braccia serrate di John.

John stava avendo grosse difficoltà a tenerlo fermo. Gocce di sudore gli imperlavano la fronte mentre cercava di fornire energie supplementari alle braccia per combattere contro il corpo ormai fuori controllo di suo fratello.

“Chris… Oddio, stai FERMO!!!” urlò a pieni polmoni. “Ilaira…”

La situazione stava degenerando e Ilaria l’aveva capito.

“Non lasciarlo andare John, per l’amor del cielo o si farà ancora più male!”

“Ma è … dannatamente forte… MALEDIZIONE!”

Christian ora stava soffrendo troppo. Cercava disperatamente di immettere aria nei polmoni, ma ogni respiro non faceva altro che aggiungere altro dolore alle sue costole e questo era troppo da sopportare ora. Il battito cardiaco stava accelerando rapidamente. Ilaria capì che doveva intervenire presto o sarebbe successo un disastro.

*Sta andando in iperventilazione…* pensò.

“John, tienilo fermo ancora un po’, devo cercare di tranquillizzarlo!”

“Fermo più di quanto non stia già facendo? … Mi vuoi MORTO al suo posto!”

“Christian? Christian per favore, ascoltami! Devi calmarti. Christian per favore calmati! Devi rallentare il respiro, ok? Cerca di respirare più profondamente possibile e rallenta. Coraggio Christian, so che fa un male cane, ma ce la puoi fare. Calmati, calmati ora.”

Gli afferrò la mano tremante mentre gli parlava. Christian non riusciva a trattenere le lacrime che ora stavano scendendo copiose. Dopo alcuni terribili secondi, smise di piangere e cominciò a singhiozzare sommessamente mentre il suo respiro era ancora veloce.

Ilaria sorrise e gli accarezzò i capelli. “Calmati ora Christian, vedrai che il dolore sparirà in poco tempo.”

“Lo … so … sono un dot … dottore …” riuscì a rispondere tra i singhiozzi.

“Oh, questo è il mio ragazzo. Coraggio, stai andando una meraviglia! Un altro respiro profondo adesso … piano … ok, ancora uno … molto bene!”


Si girò a guardare John. “Puoi allentare la presa ora, ma non lasciarlo andare completamente, ok?” sussurrò.

“Ricevuto.” rispose John, facendo quello che gli era stato detto. “Quando avremo finito, avrò bisogno di una bella doccia…”

“Ne avremo bisogno tutti, credimi!” rispose lei di rimando.

“Cristo … ma che … diavolo …” Christian riuscì a dire con voce roca. “Questo collare … per favore … mi sta soffocando!”

“Sh sh sh … stai tranquillo adesso … non è il collare, è la tua reazione alla mia manovra. Andrà tutto bene. Presto starai bene.”
Ilaria gli deterse la fronte con una asciugamano bagnata. “Non parlare ora. Riposa.”

“John? … sei qui…?” sussurrò, facendosi capire a stento.

“Si. Sono qui a tenerti invece di coccolare mia moglie. Devo essere davvero impazzito …” replicò “ora stai giù, riposa e chiudi il becco!”

(Nota del traduttore: in milanese veniva … chiudi la ciabatta!…)

“Che simpatico …” Chrstian replicò e trasalì dal dolore mentre cercava di trovare una posizione confortevole. “Sento dolore … dappertutto … cosa … cosa mi hai fatto?”

“Dr. Troy, le comunico che ho ridotto con successo la frattura alla sua ulna destra.” disse in tono scherzoso, cercando di sembrare allegra. “Dai, ora hai davvero bisogno di riposare, ti bloccherò il braccio con alcuni giornali fino a quando potrò farti una vera ingessatura.”

“No, ti prego … non … mi toccare … più … basta dolore … per favore!”

“Sh sh sh … non preoccuparti, ti darò un forte antidolorifico, non ti farò più male, te lo prometto.” disse prendendogli delicatamente il viso tra le mani.

Ilaria prese una siringa predosata e gli praticò l’iniezione nella natica sinistra.

“Ahi!” fu la sua unica protesta.

“Scusami …”

“Cosa … mi hai iniettato?”

“Demerol.”

“Ecco … stavo giusto per … chiederlo … grazie …”

“John, vado a prendere dei giornali così posso bloccare provvisoriamente il braccio a tuo fratello prima di ingessarglielo domani.”

Egli annuì. Durante il tempo in cui rimasero da soli, nessuno dei due gemelli parlò.

“Eccomi qui.” disse Ilaria cercando di sembrare il più allegra possibile.

“Allora Christian, stai più fermo che puoi, così non ti faccio male.” gli ordinò con gentilezza mentre sistemava con attenzione i giornali attorno al braccio fratturato.

Ilaria riuscì a bloccargli l’arto velocemente ma senza mai dimenticare di scrutare il volto del suo paziente con attenzione, per cogliere ogni possibile espressione di dolore. Vero era che poté finire l’opera senza quasi ricevere alcuna lamentela da Christian. Era stata davvero brava o forse Christian era troppo esausto perfino per protestare.

Non appena Ilaria ebbe sistemato i giornali dal polso al gomito, John prese il nastro adesivo e l’aiutò a fissarlo intorno al braccio.

Pochi momenti più tardi, battè scherzosamente la mano sulla spalla del suo paziente.

“Ok, io qui ho finito. Cerca di riposare un po’ mentre ordino a tuo fratello di fare la stessa cosa!” gli disse, facendogli l’occhietto.

Christian sorrise debolmente, poi con le ultime energie residue, afferrò la mano sinistra di John prima che questi potesse allontanarsi dal letto.

John si girò a guardarlo interrogativamente.

“… Grazie … davvero …” disse, la voce impastata dagli antidolorifici che stavano già facendo effetto.

John rimase lì a guardarlo, senza parole. Poi, tentando di sorridere, gli toccò velocemente la spalla sinistra.

“Riposa e non combinare altri guai a questa signora. Ci vediamo domattina.”


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Edited by Ilaria Cole - 12/12/2003, 00:10
 
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Ilaria Cole
view post Posted on 28/2/2004, 02:39




A grande richiesta, dopo un lungo silenzio, ecco a voi un altro capitolo

APPARTAMENTO DEI GRANT – ore 3.34


John si diresse verso la camera da letto. Sorrise divertito, vedendo che sua moglie era ancora incredibilmente nel mondo dei sogni. Come aveva potuto non sentire il rumore che avevano fatto a casa di Ilaira? A dire il vero, la loro stanza non era molto vicina alla parete comune e inoltre aveva fatto del suo meglio per evitare che suo fratello urlasse. Dopo tutto, come avrebbe potuto gridare con una mascella in quelle condizioni?

Si girò e si guardò allo specchio. L’immagine che veniva riflessa era quella di un uomo spettinato, sudato e stanco, la cui vita aveva subito una significativa svolta durante le ultime ore.

Sospirò pesantemente, poi sollevò un sopracciglio e decise che era ormai tempo di tornare a letto, da sua moglie.

Sicuro, aveva prima bisogno di andare in bagno e di fare una bella doccia. Una calda e rilassante doccia per cacciar via il dolore e tutte le sue preoccupazioni.
Si tolse velocemente i pantaloni da palestra e la sudatissima T-shirt dell’FBI, poi si tuffò sotto il tanto sospirato getto caldo, che usciva copioso dal rubinetto. Il suo corpo indolenzito fu scosso da un improvviso brivido. Gli sfuggì una lieve risata mentre chiudeva gli occhi in segno di puro piacere.
Pochi minuti dopo, era fuori dal bagno, con solo un asciugamano intorno alla vita. Rivoli d’acqua stavano ancora scendendo dai suoi capelli bagnati, ma non ci prestò attenzione. Il suo unico desiderio in quell’istante era di correre a letto e finalmente godersi un riposo che era sicuro di aver proprio meritato quella notte.

Cercò di fare del suo meglio per entrare sotto le coperte senza svegliare sua moglie. Quando era quasi sicuro di esserci riuscito, Elena aprì gli occhi, ancora parzialmente addormentata.

“Amore? Che succede? Stai bene?” chiese con una voce impastata dal sonno.

“Sì, certo … Sto bene … Adesso dormi, tesoro.” Disse e delicatamente la baciò sulla guancia.

“Nooo, non te la cavi così a buon mercato! Sulla mia bocca, adesso” lo canzonò, fingendo di essere arrabbiata con lui.

John rise, poi aprì le sue braccia, pronto ad accogliere il suo corpo liscio, che lasciò sdraiare sopra di lui. Elena si fece cullare dal suo caldo abbraccio e si accoccolò vicino a lui.

“John?”

“Hmm?”

“Perché il tuo cuore batte così velocemente?”

John sollevò la testa. “Sono solo … stanco, amore. Niente di cui preoccuparsi. Davvero”.

“Ti conosco”.

“Che uomo fortunato che sono, allora!”

Gli tirò scherzosamente un pugno.

“Ahi!”

Elena lo baciò sul petto. “E’ tutto a posto con lui adesso?”
Rimase in silenzio per pochi interminabili secondi. “Sì … credo. Ha bisogno di recuperare le forze. Gli richiederà tempo. Anch’io ho avuto un momento difficile dopo che Andre mi ha fatto sputare l’anima e quindi posso perfettamente capire come si deve sentire adesso.”

“Andre?” domandò Elena sollevando la testa con atteggiamento indagatorio.

“E’ una lunga storia …” rispose, accarezzandole i capelli. “Un giorno ti racconterò tutto”.

“Che cosa è successo? Voglio sapere …”.

“Amore … è successo più di cinque anni fa …”

“Dimmelo … ti prego … voglio sapere”.

“Dunque …” cominciò espirando profondamente e stringendola più forte a sé “per farla breve, ero sotto copertura e dovevo combattere contro un disperato. Io … beh … sono finito proprio come mio fr…“ si fermò e deglutì. “mio fratello qui. Una mascella fratturata, un braccio rotto e una caviglia incrinata … Non ricordo più quante costole intere mi erano rimaste …”

“E’ terribile!”

“No … solo doloroso” rispose in tono pensieroso, poi si voltò verso sua moglie. “Adesso sdraiati e dormi un po’. Domani andrò in ufficio e parlerò con Bailey. Ha bisogno che gli dia qualche spiegazione e inoltre tutta la storia deve essere chiarita un attimo. Mi sento ancora come se stessi camminando nella nebbia per tutti questi avvenimenti”.

Elena sospirò: “Va bene. Buonanotte John.”

La baciò sulla testa. “Sogni d’oro, tesoro mio …”

Pochi minuti dopo, Elena stava dormendo profondamente sul petto di suo marito, ma John, anche se era veramente distrutto, non riusciva a prendere sonno. La sua mente era altrove. In quel momento stava pensando a lui, a suo fratello. Stava bene? No, sicuramente no. Si sarebbe rimesso in sesto? Forse, con un grande aiuto da parte di qualcuno. E, stranamente, si ritrovò proprio a pregare perché Christian si riprendesse presto.

Baci baci

Ilaria Cole
 
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Ilaria Cole
view post Posted on 18/3/2004, 03:01




Ecco a voi un altro capitolo. Buona lettura

APPARTAMENTO DI ILARIA – ORE 3.34

Ilaria si fermò sulla porta per alcuni secondi e sospirò profondamente prima di voltarsi e dirigersi verso la sua camera da letto. Lanciò un rapido sguardo al letto, cercando di dare una fuggevole occhiata al viso di Christian.

*Sembra che ora stia dormendo pacificamente*, pensò fra sé e sé.

Ilaria assunse un’espressione preoccupata alla vista del suo occhio sano, che ora appariva orribilmente cerchiato. Sollevò un sopracciglio quando gli toccò la fronte e notò che anche la sua faccia era paonazza.

Christian si mosse. “… Hey…” disse e tentò di sorridere.

“Hey tu…” rispose Ilaria in tono materno, “Sei caldo… penso che tu abbia la febbre”.

“Mmm … “ fu il suo unico commento.

“Credo che dobbiamo fare qualcosa per questo, dottore. Tu che cosa prescriveresti? Gli chiese Ilaria sedendosi sul letto accanto a lui e prendendogli la mano sinistra nelle sue.

Christian sospirò, poi aprì il suo occhio sano. “Due aspirine e … starò benissimo”, mormorò.

“Sei sicuro di poterle inghiottire?” domandò Ilaria con un tono di voce che esprimeva tutta la sua preoccupazione.

Christian rimase in silenzio per pochi secondi. “Credo che lo scoprirò … una volta che … avrò provato”.


Ilaria sorrise. Si avvicinò al comodino, aprì il cassetto, prese una confezione di Aspirina, poi fece cadere due pillole nella sua mano sinistra.

“Puoi per favore aprire la bocca, dottor Troy?”

“A una così gentile richiesta … come può un uomo rifiutare?” rispose Christian, cercando di sembrare gioviale.

“Stupido … adesso apri la bocca un pochino, MA … con attenzione…”

Il suo paziente ubbidì e Ilaria gli mise in bocca con cura la prima pastiglia, poi con cautela gli spinse in avanti la testa per avvicinarla a sé. Il bicchiere d’acqua che teneva in mano raggiunse le labbra di Christian, che riuscì a bere alcuni sorsi per inghiottire la prima pillola e poi strabuzzò gli occhi.

“Stai bene?” domandò Ilaria, preoccupata.

Christian sembrava proprio stanco. “…Sì … dammi l’altra, per favore…”

Ripeterono il procedimento un’altra volta, poi Ilaria gli sistemò nuovamente la testa sui cuscini. La fronte di Christian era sudata, come se avesse sostenuto uno sforzo immane. Poi Ilaria notò che stava leggermente tremando.

*Devono essere le conseguenze della febbre …* pensò, mentre gli sistemava le lenzuola in modo da lasciare scoperto il collo.

“Hai freddo, non è vero?”

“Un po’…” ammise Christian.

Ilaria si avvicinò all’armadio e prese una coperta.

“Dovresti stare bene con questa e con le Aspirine” disse Ilaria mentre gli sistemava il letto. “In ogni modo, dormirò qui sul divano, quindi chiamami se hai bisogno di qualcosa, ok?”

“Sì …” rispose, ma la sua voce era decisamente impastata, era quasi un sussurro, dovuto all’effetto combinato dell’Aspirina e del Demerol che Ilaria gli aveva in precedenza somministrato.

Ilaria guardò maternamente il suo viso. Non poté fare altro che avvicinarsi alla sua fronte e baciarla teneramente. Un’ultima carezza prima che si decidesse a voltarsi e raggiungere il suo divano.

“… Mamma …?”

Improvvisamente Ilaria si girò. “Cosa?” Nessuna risposta venne da Christian.

Ilaria lo fissò. *Mamma*, aveva detto, era praticamente sicura. Ma anche questa volta nessun altro rumore si levò dal letto, a parte un veloce e leggero respiro che segnalava che il suo febbricitante amico era già nel mondo dei sogni.

Attese ancora qualche secondo per controllare se lo avrebbe detto ancora, poi scosse la testa e decise di infilarsi nel suo letto improvvisato.

*Mamma* ripetè silenziosamente a se stessa, poi rise. *Andiamo, adesso sento pure cose che non esistono … devo essere veramente stanca anch’io…*

Ilaria spense la luce e chiuse gli occhi, infilandosi sotto le coperte.

*… Mamma…?* si sentì ancora.

Ma questa volta Ilaria era già addormentata.

Baci baci

Ilaria Cole
 
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Ilaria Cole
view post Posted on 26/4/2004, 21:53




Eccovi ancora un pezzettino ... tenetevi forte, arriva il Cynarone Nostro Buona lettura

APPARTAMENTO DI ILARIA – ORE 5.45

Ilaria improvvisamente si ritrovò a piedi nudi sull’erba, dirigendosi verso la grande piscina che ormai era a pochi metri da lei. Christian vi si era già immerso e agitava le mani. Ilaria lanciò una fuggevole occhiata al suo abbigliamento e si rese conto che indossava il suo costume da bagno preferito.

“Vieni!” Christian stava gridando, ma la sua voce sembrava lontana milioni di anni luce da lei.

Ilaria cominciò a camminare e non appena ebbe raggiunto il bordo della piscina notò che Christian non c’era più. Si guardò dapprima intorno, poi lo cercò direttamente nella vasca. Spalancò gli occhi nell’istante in cui vide che Christian, completamente sott’acqua, la fissava e invocava aiuto. Sì, stava piangendo, lo poteva sentire da quella specie di oltretomba, ma non poteva fare niente per soccorrerlo e per alleviare il suo dolore.

Christian cambiò il suo pianto in lamento e Ilaria non riuscì più a sopportarlo. *Ti prego, basta! Christian, finiscila! Per favore, qualcuno lo faccia smettere!*

Ilaria si svegliò e si ritrovò proprio nel mezzo del suo divano. Ancora spaventata e respirando affannosamente, con quel pianto che ancora le risuonava nelle orecchie, si guardò intorno alla ricerca della sua sveglia.

*Decisamente dovrei comprarmene un’altra, non posso proprio più sopportare questo fracasso*

La colpì con forza, ma presto si accorse che non era in funzione e che, per di più, quel terrificante rumore non proveniva da quell’apparecchio. Si fermò e protese le orecchie per ascoltare.

“Non mi … toccare … lasciami … solo …”

Ilaria balzò giù dal divano e corse verso il letto. Christian giaceva in un bagno di sudore, col braccio sano all’altezza del viso, come se stesse cercando di proteggersi. Appena Ilaria lo raggiunse, potè sentire il calore che praticamente si irradiava dal suo corpo. Già sapeva che la febbre era drasticamente salita prima che potesse sfiorargli la fronte.

“Oh, Gesù … Christian? Hey, calmati. Sono io, Ilaria, ok?” gli disse mentre cercava con delicatezza di tenergli abbassato il braccio e allo stesso tempo di afferrare il termometro digitale a pochi centimetri dalla sua mano. Alla fine riuscì a prenderlo dal comodino, poi glielo infilò immediatamente nell’orecchio sinistro.

“Ahi…” reagì Christian cercando di spingerla via.

“Per favore, stai fermo. Coraggio, solo pochi secondi, fammi controllare quanto alta è …” lo pregò Ilaria.

La macchinetta emise un piccolo segnale sonoro. Il display mostrò un preoccupante 40°”.

“M***a! M***a” M***a!”

Christian improvvisamente aprì il suo occhio sano che era orribilmente cerchiato di rosso e Ilaria gridò in tono concitato. “Chris, dobbiamo far calare questo cavolo di febbre …” disse, ma non ottenne risposta. Gli agitò le mani davanti al viso. “Chris? Mi senti?”

Christian la guardò. “Julia? Sei una … ragazza cattiva … per favore … torna … da Sean …” sussurrò.

“Christian no, sono Ilaria, non Julia! Andiamo …” disse in tono quasi lamentoso “non farmi prendere ‘sto c***o di spavento alle sei del mattino …”.

“Devi … andare … via … lontano … da lui … è cattivo! Mi ha toccato … ma non … toccherà te …”.

“Di che diavolo stai parlando, Christian? Oh, no … non puoi farmi questo! Non morirai nel mio letto, capito?” cominciò a dire a se stessa mentre stava correndo in cucina per costruire una gigantesca borsa del ghiaccio coi cubetti che le erano rimasti nel congelatore.

Pochi minuti dopo, quando tornò da lui, appariva un po’ più tranquillo. Ilaria abbassò la testa.

“Christian?” tentò di parlargli. Dal momento che nemmeno una parola uscì dalla sua bocca inaridita, gli mise la borsa del ghiaccio sulla testa.

“Ho detto … che non mi toccherai più … Mi hai fatto male …”

*Se prendo quel figlio di p****** di Wallace gli strappo via la spina dorsale, lo giuro su Dio!* borbottò mentre metteva un’altra coperta addosso a Christian, il cui corpo era scosso dai brividi.

**********

Christian aveva sentito quel suono, quella voce di donna che giungeva da molto lontano. *Lei* lo stava chiamando, ma dopo tutto si sentiva così debole che non riusciva a trovare nemmeno la forza per rispondere.

*Devo … Non posso lasciarla andare … Non posso permettere che lui le faccia del male…*

Christian raccolse le poche energie che il suo corpo gli aveva lasciato per aprire il suo occhio sano e per andare alla ricerca di quella fonte di dolcezza.

*Julia…*

Ma perché stava gridando? No … non poteva pensare ancora che gli piacevano gli uomini … lei gli piaceva … non era vero? … Non era vero? Ma in quel momento … ne era ancora convinto?

*Sei sicuro … dottore dei miei stivali???*

Un ininterrotto brivido stava scuotendo ora l’intero suo corpo, come se fosse sul punto di essere diviso in due. Qualcosa di freddo si era improvvisamente posato sulla sua testa, che continuava a pulsare, mentre si sentiva meglio e peggio allo stesso tempo. Quello che accresceva ulteriormente la sua sofferenza era quella sensazione di essere fatto a pezzi, che lo assaliva ogni cinque secondi.

Lentamente si voltò per quanto gli era possible, visto che “qualcosa” gli bloccava il collo, ma giusto in tempo per incrociare uno sguardo di quella donna, che con delicatezza, ma con sollecitudine, gli metteva qualcosa sulla testa e un’altra coperta sul suo corpo dolorante. Sbattè il suo occhio sano parecche volte e alla fine funzionò.

“… Ilaria…?”

In quel preciso momento Julia se ne era andata, per sempre.


*******

Ilaria stava respirando velocemente ora, quando si accorse che un umido e sfuocato occhio blu stava guardando dritto nei suoi. Sorrise.

“ Bentornato …” sussurrò. “Oh, e… se possible, per piacere, non mi spaventare in questa maniera un’altra volta. Me lo prometti?”

“Mi sento una m***a …” mormorò Christian, inumidendo le sue aride labbra.

“Lo so.” Ilaria prese un bicchiere e delicatamente spinse la testa del suo paziente verso di sé affinché potesse bere qualche sorso d’acqua.

Christian deglutì piuttosto rumorosamente. “La … mia … temperatura?”

“104.”

“ Questo … spiega … tutto …” disse e improvvisamente il suo corpo fu scosso da un violento brivido. “Hai … per caso … degli … antibiotici? Devo avere … una specie … di infezione … o qualcosa … del genere …”.

Ilaria improvvisamente si ricordò che aveva portato a casa parecchi medicinali dalla VCTF. Si alzò dal letto e rovistò nella borsa che aveva abbandonato sulla poltrona. Prese una siringa predosata.

“Keflex?”

“… Va benissimo…”

“Ipodermica predosata, niente pastiglie”.

Il dottor Troy non rispose.

“Christian?”

“Sì …” rispose con un sussurro.

“Hai sentito …”

“Dammelo …” la interruppe, rispondendole con tutte le forze che gli erano rimaste.

Ilaria sollevò le coperte dal suo corpo e con attenzione lo fece sdraiare sul lato sinistro. La sua natica destra era ora nella giusta posizione e allora gli si avvicinò con la siringa nella mano destra., mentre con la sinistra lo teneva fermo in modo che non si muovesse durante il procedimento.

“Ahi…”

“Andiamo, considerando la posizione del tuo corpo, nessuno avrebbe potuto fare meglio.” Rispose Ilaria mentre gli rimboccava nuovamente le coperte.

“Il Keflex … forse … mi … abbatterà … un momento … in pochi minuti, così …” spiegò Christian, chiudendo il suo occhio sano.

Ilaria si giro. “Se questo significa che finalmente sia tu che io potremo dormire decentemente, mi va più che bene, Christian” rise, cercando di essere sarcastica.

“Guarda … non ho … chiesto io … di essere … picchiato …” mormorò, ma non riuscì a terminare la frase, perché cadde addormentato prima ancora di rendersene conto.

Ilaria lo guardò con intensità, poi sospirò pesantemente, prese la borsa del ghiaccio e la pose di nuovo con delicatezza sulla testa di Christian.

“E non te lo sei nemmeno meritato, Christian … poco ma sicuro” sussurrò.

Il suo cuore le stava inviando strani messaggi. Provava sofferenza, ma non non nel corpo. Era un miscuglio di emozioni, preoccupazione e affetto … affetto? Forse era proprio amore, amore per qualcuno il cui destino stava cambiando in maniera così drammatica.


*****

Sean scese dal taxi e lesse l’indirizzo sul pezzo di carta che teneva nelle sue mani. C’era proprio scritto Bridgewater Place e quindi era arrivato. Pagò la corsa e si diresse verso l’ingresso del candominio.

Una volta raggiunto il quarto piano, cercò immediatamente l’appartamento 34. Trovò il 34B, così, senza indugiare ulteriormente, bussò alla porta.

Baci baci

Ilaria Cole



 
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Ilaria Cole
view post Posted on 14/6/2004, 23:26




Finalmente riesco a postare un altro capitoletto. Certo che il Cynarone nostro non si smentisce mai


APPARTAMENTO DEI GRANT – ORE 8.50

John si stava agganciando la cintura quando udì bussare alla sua porta.

“Vado io, amore!” gridò a sua moglie, che si stava facendo la doccia.

Appena aprì la porta, si trovò davanti uno strano tipo, spettinato, dall’aria terribilmente stanca, dall’apparente età di quarant’anni, che reggeva in mano una borsa e ne portava un’altra sulla sua spalla destra

Sean sollevò lo sguardo verso l’uomo che aveva appena aperto la porta. Cristo, che diavolo di scherzo gli stava combinando Christian? Era in ottima forma … c***o … no, di più, stava decisamente meglio di lui. E lui si era precipitato lì per trovarlo in punto di morte… ?

“Ma che diavolo …” riuscì solo a dire, ancora guardando con espressione incredula l’uomo fermo sulla soglia della propria casa.

“Mi scusi?”

*Mi scusi??? Ok, quando è troppo è troppo … Christian dovrebbe avere di meglio da fare che non giocarmi tiri mancini come questo*

Sean afferrò l’uomo per il colletto della sua camicia bianca. “Ok, Christian, non ho voglia di litigare. Tu adesso vieni con me, ma stai sicuro che domani lo rimpiangerai. Muoviamoci!!!” gli urlò rabbiosamente.

John aveva avuto pochissimi istanti per studiare la persona che aveva di fronte prima che incominciasse a vomitare parole contro di lui. Christian … conosceva il nome di suo fratello … e in quel preciso momento era stato afferrato per la camicia. La sua mente riusciva a elaborare un solo nome … Taddeus Wallace … il criminale che stava mettendo in pericolo la vita di suo fratello … magari quest’uomo … forse era venuto per lui e allora … dopo tutto erano gemelli … e se lo stava confondendo con Christian?

Sean in un batter d’occhio si trovò spinto violentemente contro il muro con una pistola puntata alla testa.

“Hey hey HEEEEY!!! Ma che … Cristo …” urlò terrorizzato.

“TU ADESSO CHIUDI IL BECCO E DIMMI CHI C***O SEI!!!” sibilò John, così vicino all’orecchio sinistro di Sean che era sicuro che lo avrebbe morso.

Sean cominciò a tremare vistosamente. La sua mente non riusciva a comprendere che cosa stava succedendo … Christian stava impazzendo? E che significava quell’orribile pistola puntata contro di lui?

“Aspetta un momento! Per favore, non mi sparareeee!!!”

“TI. HO. CHIESTO. CHI. C***O. SEI???”

Sean improvvisamente ebbe un’intuizione.

*… forse dovresti parlare con suo fratello …*

Quel medico … gli aveva detto che si stava prendendo cura di Christian e gli aveva parlato di un fratello …

“Per favore … lasciami parlare …” cercò di dire Sean, alzando lentamente le mani.

“Faresti meglio …” rispose freddamente John, senza abbassare la pistola dalla testa di Sean, allentando solo un po’ la presa.

“Tu sei …” deglutì vistosamente “ sei il fratello di Christian …?”

John rafforzò ancora una volta la sua presa su di lui. “Penso che a questo punto sia evidente, ma adesso TU mi devi dire chi ti ha mandato … CHI??? O’Connor??? O’Doyle??? Chi??? Sputa il rospo, adesso!!!”

“Deve esserci un errore, signor … Non so nulla di questa gente. Per favore … mi lasci parlare …” e con circospezione pose la sua mano sul braccio di John, costringendolo delicatamente a togliere la canna della pistola dalla sua testa.

John currugò la fronte e inprovvisamente abbassò l’arma. “Ok. Parla! Farai bene a fornirmi una valida spiegazione qui o il sotterraneo della VCTF sarà il tuo peggiore incubo per le prossime ore”.

Sean annuì e deglutì ancora una volta. “Il mio nome è Sean … Sean McNamara. Sono … sono il socio di Christian Troy. Siamo chirurghi plastici. La scorsa notte … una donna ha risposto al suo cellulare … ha detto che è un medico, che Christian aveva avuto un incidente e che dovevo venire qui a vederlo …” spiegò. “Mi ha parlato di un fratello …” aggiunse in tono sommesso, guardando il suo interlocutore dritto negli occhi.

John gettò uno sguardo più approfondito all’uomo di fronte a lui. Forse stava dicendo la verità. In tutti quegli anni presso la Polizia di Atlanta e in VCTF, aveva imparato a distinguere i bugiardi dalla gente onesta …

“Ti ha dato questo indirizzo?”

“Sì … sì … mi ha detto di venire …” ed estrasse il bigliettino dalla sua tasca “Bridgewater Place, appartamento 34…”

John prese il foglietto dalla mano ancora tremante di Sean. Lo lesse attentamente, poi glielo restituì. “Forse Ilaira si è dimenticata di dirti che l’appartamento 34 non è uno solo ma ce ne sono due … questo è il mio, 34B … sicuramente vorrai bussare al 34C … lì troverai Ilaira … il dottor Ilaira …”.

Sean lo guardò. Anche se era ancora spaventato, si poteva dire che era leggermente diverso. Christian aveva un taglio di capelli curato e, a dire il vero, quest’uomo non indossava certo i suoi vestiti di Gucci e Dolce e Gabbana.

“Allora … sono libero … di andare?”


John annuì.

Sean raccolse la borsa da terra e lentamente si girò, dirigendosi verso la porta su cui era scritto “34C”.

“Hey … Dottor McNamara …?”

Sean vi voltò nuovamente.

John sorrise un po’ forzatamente “Mi spiace … il fatto è che … Christian è … bene, parla con Ilaira … ti spiegherà …”

Sean gli lanciò un’occhiata carica di preoccupazione “E’ in pericolo di vita? Il dottore ha detto che non lo era …”

John scosse la testa. “Non per quanto riguarda le sue condizioni … Vai a parlare con lei. Devo andare adesso, parleremo più tardi, ok? Ti chiamerò non appena sarò indietro.”

Sean lo guardò mentre tornava verso il suo appartamento, poi espirò profondamente e sollevò la mano per bussare alla porta dell’appartamento 34C.

Baci baci

Ilaria Cole

 
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Ilaria Cole
view post Posted on 14/7/2004, 00:24




Bene raga, arriva un bel pezzettino su Christian

CASA DI ILARIA – ore 9.00

Ilaria stava finalmente godendosi un placido sonno, raggomitolata sul suo divano non lontano dal letto di Christian quando sentì bussare, senza però comprendere realmente che cosa stava accadendo. Alla fine si alzò, avvicinandosi alla porta.

“Arrivo, arrivo …” disse, quasi inciampando nella poltrona vicina al letto.

Spalancò la porta e fissò con aria interrogativa l’uomo di fronte a sé.

“Posso aiutarla?”

“C’è Christian qui?” domandò l’uomo. Sembrava spettinato e sul suo viso si leggevano chiaramente tutti i segni di una notte insonne.

Ilaria si irrigidì. E chi era costui? Come poteva conoscere Christian? Forse era qualcuno che lo inseguiva ... uno di quelli che lo avevano ridotto così male. Taddeus … Taddeus Wallace …

*Oh mio Dio!* Indietreggiò, ponendosi sulla difensiva.

“Chi diavolo sei? Come fai a conoscerlo?” gli chiese, quasi gridando.

“Hey, si calmi, signora, ok? Sono Sean McNamara. Si ricorda di me? La telefonata della scorsa notte?

Ilaria era ancora immobile. Sean alzò gli occhi al cielo per l’esasperazione.

“Cristo Santo! Sono Sean!”

Ancora nessuna reazione da parte di lei.

“*Quel* Sean, per l’amor del cielo!”

Ilaria improvvisamente si ricordò. Ma certo che se lo ricordava, come aveva potuto dimenticare quel tipo strano che faceva giochi di parole al telefono mentre il socio giaceva privo di conoscenza sul suo letto?

“Oh, ah … certo, certo. Mi … dispiace … mi dispiace tanto … Sono Ilaria Bernardi. La prego, entri!”

“Grazie!”

Ilaria gli mostrò la strada verso il salotto.

“Vuole mettere qui la sua borsa, dottor McNamara? Com’è stato il suo volo? Ha sete?”

Sean le lanciò uno sguardo annoiato. “Nell’ordine: bene, ma non ho chiuso occhio. Sì, decisamente!” rispose con sarcasmo.

Ilaria sospirò. “Mi scusi tanto … è che … sono proprio … stanca”.

Sean abbassò gli occhi, poi li sollevò di nuovo guardando direttamente in quelli di Ilaria. “Dottoressa Bernardi, sono io che mi devo scusare. Siamo tutti e due stanchi morti ... e per favore … chiamami Sean.”

“Grazie e ... puoi chiamarmi Ilaria.”

“Ilaria … posso vedere Christian adesso?”

“ Sì, certamente … ma io dicevo sul serio prima. Posso offrirti qualcosa da bere?”

“Credo di aver bisogno di un caffè … macchiato … un DOPPIO macchiato … forse due? Si direbbe che anche tu dovresti berne un po’.

“Hai ragione … prego Sean, da questa parte.”

Ilaria lo condusse nella sua camera, dove Christian stava dormendo. Sean sussultò vedendo il suo amico che giaceva nel letto, anche se già aveva saputo delle percosse e delle lesioni che aveva subito. Ma una vista del genere era comunque difficile da sopportare.

“Oh ... Cristo…”

“Hey, ho fatto del mio meglio per porre rimedio a tutto questo sfacelo. D’altra parte sei un medico, sai che il giorno dopo tutto sembra peggio di quello che in realtà è!”

Sean si voltò verso di lei senza proferire parola. Sospirò e le mise una mano sulla spalla.

“Sono sicuro che hai fatto del tuo meglio ... è solo che … è dura. Si è cacciato nei guai così tante volte ma nessuno l’ha mai ridotto in questa maniera…”


”Stai con lui per un po’ mentre preparo i nostri caffè?”

“ Va bene …”

“Hai portato quello che ti avevo chiesto?”

“Eh?”

“Non dirmi che te ne sei dimenticato …”

Sean guardò Ilaria con aria interrogativa. Poi i suoi occhi si spalancarono.

“I bendaggi per il gesso!”

“Allora?”

“Nella mia borsa.”

“Ok. Beviamoci i nostri caffè, parliamo del tuo amico, poi facciamo l’ingessatura.”

“E’ questo il piano?”

“Sì, è questo.”

“Abbiamo un piano …”

Mentre Ilaria preparava il caffè, Sean raggiunse il letto e lanciò un’occhiata al suo amico. Sembrava che stesse dormendo tutto sommato pacificamente, a dispetto di quell’orribile aggeggio intorno al suo collo. Avvicinandosi a Christian, potè notare il notevole gonfiore e i lividi sul lato sinistro della sua faccia. Gli era stato detto della mascella fratturata. La toccò con delicatezza. Christian si lamentò e istintivamente allontanò il suo corpo da quella fonte di dolore, per quanto le sue costole gli permettevano.

“Scusami … “ mormorò Sean appena lo sentì.

“Il caffè è pronto!”

Sean sembrava ipnotizzato dal suo amico. Non si girò, né si mosse a quelle parole.

“Sean?” Ilaria lo raggiunse e gli prese il braccio, porgendogli la tazza. “Pianeta Terra chiama Sean?”

Si voltò e la ragazza potè vedere la preoccupazione e la tristezza dipinte sul suo volto.

“Io - ah … Non avrei mai pensato che fosse così…”

“Lo so. Non ti preoccupare, te l’ho detto, sembra più grave di quanto non sia in realtà. Non è stata necessaria nessuna riduzione per la mascella. Gli ho immobilizzato il collo unicamente per essere sicura che dormisse con la mascella bloccata.”

“Febbre?”

“Ha raggiunto i 40° durante la notte, ma penso sia normale, considerando lo shock e tutto il resto. Ho deciso di metterlo sotto Demerol, per ridurre il gonfiore e alleviargli il più possibile il dolore. Gli ho anche somministrato il Keflex per la febbre.”

“Bene. Sei proprio un ottimo medico, i tuoi pazienti devono essere contenti di te.”

“Mmm … sì, ammetto che non ricevo mai lamentele … ma se un giorno succedesse, beh … potrei impazzire!”

“Che vuoi dire?”

“La tua telefonata, ricordi?”

“Sì. Allora?”

“Ti ricordi come ho risposto?”

Sean si concentrò, cercando di ricordare. Improvvisamente gli venne in mente

“Obitorio … non mi dire … Questo vuol dire che tu sei … “

“Certo, a tutti gli effetti!” ammise Ilaria con orgoglio.

“Urgh …”

Ilaria pose le tazze vuote sul tavolo. “Che ne pensi di dimenticare il mio lavoro adesso e darmi una mano con quest’ingessatura?”

Sean annuì e a presero tutto il materiale per costruirla. Ilaria prese una bacinella e la riempì d’acqua. Mentre Sean ci metteva dentro i bendaggi, ella dolcemente cercò di svegliare Christian.

“Hey, bell’addormentato …”

“…mmm…”

“Coraggio, svegliati” sussurrò.

“Mamma?” mormorò Christian.

“No, e non pensarci nemmeno di chiamarmi in questo modo, signorino!” scherzò Ilaria.

Christian deglutì vistosamente. “Ilaria …che altro … mi vuoi fare?”

Ilaria gli passò la mano fra i capelli. “Nient’altro che preparare un’ingessatura decente per il tuo braccio, non quella che porterebbe un senzatetto. Sei un uomo così elegante, non penserai mica di andare in giro con l’Atlanta Business Chronicle avvolto intorno al tuo braccio! Adesso posso?”

Christian sospirò, poi aprì il suo occhio sano e la fissò. Poi volse lo sguardo verso il soffitto.

“Giusto …” borbottò. “Non posso rischiare la mia immagine. Che cosa ci sarà adesso … altro dolore?”

“Dovresti saperlo, sei un medico, qualcun altro qui vicino l’ha appena detto.”

“ …Eh?”

Ilaria si allontanò e Christian potè vedere Sean che si avvicinava con la bacinella.

“Sean! Che diavolo ... ci fai qui?”

“Buon giorno a te! Allora, come ti senti? Stai bene?”

“ … Secondo te?” rispose con sarcasmo mentre sollevava l’unico sopracciglio disponibile per questa mossa.

Sean alzò gli occhi al cielo, incredulo. “Volevo dire … senti dolore? Fai un veloce inventario di te stesso!”

Christian si voltò verso Ilaria. “Gliel’hai detto tu … di venire qui? Poteva rimanersene a casa … a occuparsi della nostra attività ... invece di star qui e sparare c*****e!” Borbottò

“Che ha detto?” Sean poteva capire con grande difficoltà il suo amico. Si girò per guardare negli occhi Ilaria. “Non puoi togliergli quell’affare?”

“Sì, posso, ma continuerà a parlare in questa maniera.”. Ella puntò un dito verso la propria mascella. “Fratturata, ricordi?”.

“Ok, mettiamogli ‘sta roba intorno al braccio.”

Lavorarono più o meno dieci minuti. Il braccio di Christian fu ingessato dalle nocche fino a sopra il gomito. Velocemente si seccò e Ilaria lo poté ancora elevare mettendoci sotto un paio di cuscini supplementari. Inoltre mise una borsa del ghiaccio sull’ingessatura. Lo guardarono come se fosse il capolavoro di un artista pazzo, ma gli occhi lucidi e un po’ persi nel vuoto di Christian dicevano loro che era ancora febbricitante e spossato.

“Tutto ok?” domandò Ilaria, aggrottando la fronte, preoccupata.

“Forse è ora … di un altro antidolorifico …”

“E’ la mascella o l’avambraccio? Forse le costole?” chiese Sean

“TUTTO … dannazione!” sibilò Christian.

“Non hai ancora fatto colazione. Ti farò un’iniezione dopo di che metteremo un po’ di cibo nel tuo stomaco”

“Tè freddo e ... brioches … per favore?”

“Stai scherzando? E come pensi di poter masticare con una mascella come la tua?” disse Ilaria e immediatamente si volse verso Sean. “Tu! Vai a comprare del gelato, del latte, e soprattutto omogeneizzati. Dobbiamo anche pensare a preparargli qualcosa per pranzo!”

“Io? Comprare? Che cosa ... dove ??? Non sono mai stato ad Atlanta prima d’ora!”

“Sì, ma puoi distinguere una libreria da un supermercato, no? Sono uguali in tutti gli Stati Uniti…” Ilaria sospirò. “C’è un piccolo supermercato qui, appena esci, gira a destra, proprio sull’angolo. Vai lì.”

“Uff … ricevuto!”

“Vai, vai, vai, fuori!”

“Sto andando, dannazione!”

Dopo che Sean fu uscito, Ilaria fece a Christian un’iniezione di Demerol e poi si sedette sul letto accanto a lui. Gli tolse il collare e il movimento lo fece sussultare un attimo.

“Mi spiace…” si giustificò Ilaria.

“Nessun problema ... fa parte del gioco … allora, dottore? Il tuo responso? Non me l’hai ancora detto …”

“Non morirai, non nel mio appartamento, questo è poco, ma sicuro. Cerca di ricordare di un compiere sforzi inutili con la mascella, ok? Ti ci vorrà un pochino per recuperare al 100%, ma sei giovane e in salute, quindi non vedo nessun …”

“Erano ... quattro ... ora ricordo … ce l’avevano … con me … perché faccio … parte della *famiglia*…”

“No, Christian, non adesso, ne parleremo più tardi, quando avrai recuperato le forze, ok?”

“Ok, ma … ti devo ... una spiegazione oltre che … una cena … o anche di più …”

“Farò del mio meglio per ricordarti soprattutto di queste” sorrise Ilaria, mentre si rendeva conto che Christian stava guardando lontano, perso nei suoi pensieri.

“Allora, Sean mi ha detto così poco di te e del tuo lavoro. Sei un medico?”

Si voltò. “Chirurgo plastico.” rispose, sorridendo orgogliosamente, ma questa decisamente non fu una bella mossa. “Ahi ... la mia mascella…”

“Ti avevo detto di stare attento. Credo che tu abbia bisogno di portare ancora quest’affare, Christian…” disse Ilaria mentre prendeva in mano il collare.

“No! No … per favore?” implorò.

“Scegli. Puoi stare senza, ma non sei autorizzato a parlare, o lo porti e allora possiamo proseguire con questa conversazione.”

“… Sei implacabile …non è vero?…” Christian si arrese. Ilaria gli rimise il collare, solamente non lo strinse troppo.

“Puoi sopportarlo chiuso in questa maniera, non è vero?”

“Uff...” brontolò.

Ilaria gli passò le dita fra i capelli. “Chirurgo plastico, eh? Sembra interessante.”

“E tu? … che tipo ... di dottore ... sei?”

“Devo proprio dirtelo?”

“E’ così brutto? Sei ... uno di quei … sadici segaossa?”

“Nell’ordine: sì e no. Sono qualcosa di peggiore. Indovina …”

“… Dimmelo o altrimenti …”

“O altrimenti cosa?” chiese Ilaria ridendo.

“Salto fuori dal letto ... e mi metto a correre mezzo nudo ... in mezzo alla strada …”

“Anche se mi sembra difficile da credere che tu ora come ora saresti in grado di farlo, non voglio correre rischi e ti dirò tutto. Allora ... ti ricordi X – Files? Il programma televisivo?”

“S ... Sì. Allora?”

“Scully? Dana Scully?”

“Sì, era un …”

“Ci stai arrivando. Coraggio!”

“Un … medico legale … Medico legale???”

“Eccomi! In carne e ossa!”

“Ma come diavolo ... sei riuscita ... a sistemare … tutto questo macello?”

“A parte il fatto che io SONO un dottore, è stato facile. Mi è bastato fingere che tu fossi uno dei miei soliti pazienti”.

“Giusto … no, no, questo NON è giusto. I tuoi pazienti sono m…m…m..”

“Con parole tue?”

“Cadaveri…”

“Bene. Dieci punti! Adesso basta sparare c*****e. Fammi misurare la febbre, dopo di che mi farò una bella doccia” disse Ilaria mentre prendeva il termometro digitale dal comodino e lo infilava nell’orecchio sinistro di Christian. Entrambi attesero il “bip” della piccola macchina. Ilaria lo lesse per prima.

“Vuoi indovinare?”

Christian le rivolse un sorriso tirato, “… Che cosa vinco?”

“Un non schiaffo per oggi.”

“ … Sarebbe già una bella cosa … Non credo che potrei sopportarne un altro in questo momento …”

“38°, sopravviverai … Adesso ascoltami. Vado a farmi questa doccia. Lascio la porta aperta, giusto nel caso in cui dovessi aver bisogno di qualcosa, così ti posso sentire. Le sbirciate a distanza ravvicinata non sono consentite, quindi non pensare neanche lontanamente di alzarti da questo letto, capito?”

“ … E che faccio se Sean ritorna … prima che tu abbia finito?”

“Emetti un bel grugnito ... e io in un battibaleno correrò alla porta.”

Baci baci

Ilaria Cole
 
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Ilaria Cole
view post Posted on 14/7/2004, 21:20






*****
Ilaria prese tutto l’occorrente per la tanto sospirata doccia, poi, prima di dirigersi verso il bagno, diede un’ultima occhiata all’uomo che stava dormendo nel suo letto. Notò che il suo braccio sinistro sporgeva fuori dal letto.

*Si sveglierebbe con un braccio indolenzito se glielo lasciassi in questa posizione …* pensò *Dio solo sa se ha bisogno di provare altro dolore nel suo povero corpo …* disse fra sé e sé, mentre già si stava avvicinando al letto.

Ilaria gli aveva preso con delicatezza il braccio e lentamente aveva cominciato a stenderglielo lungo il corpo, quando lo sentì piagnucolare.

"Signor Troy … no … non mi toccare … basta … ti prego …"

Ilaria, col braccio di Christian ancora fra le mani, si sentì raggelare. Non era sicura di aver compreso ogni singola parola, effettivamente non aveva capito la prima … e con la mascella in quelle condizioni …

Ilaria guardò il viso di Christian. A parte i lividi, avrebbe potuto affermare che l’uomo aveva un’inconfondibile espressione di sofferenza. Le prime parole ... non era Taddeus Wallace questa volta. E allora che cosa? Chi?

Qualcosa fulminò la sua mente. Un orribile brivido la scosse. Non poteva essere quello che le aveva suggerito il suo intuito proprio in quel’istante.

*Non è possibile … Mi sono sbagliata … Devo essermi sbagliata …*

Scosse la testa e infine adagiò il braccio di Christian sul letto. Dopo di che si diresse nuovamente verso il bagno.

Baci baci

Ilaria Cole
 
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Ilaria Cole
view post Posted on 1/1/2005, 18:58




Dopo un bel po' di tempo sono tornata con le traduzioni

Qualcosa svegliò Christian. Qualcosa che stava facendo risuonare la sua testa come se una specie di martello stesse cercando di romperla. Aprì il suo occhio sano e realizzò che forse era Sean che bussava alla porta quello che sembrava spaccargli la testa in due.

"Sean … per l’amor del cielo …" biascicò, mentre istintivamente cercava di alzarsi dal letto.
Ilaria uscì dal bagno appena in tempo per vederlo impallidire e trattenere il respiro per il dolore.

"Tu!" gli puntò in dito contro "Non pensare nemmeno di fare quello che avevi in mente e di rovinare tutto il mio lavoro qui! Vado io!” disse Ilaria alzando la voce nell’istante in cui correva verso la porta.

Non riuscì però a impedire fu che il suo asciugamano improvvisamente le scivolasse via a tradimento scoprendole il petto. Solo i suoi pronti riflessi la salvarono da un totale disastro, così riuscì a richiamare all’ordine l’asciugamano ribelle prima che la abbandonasse completamente. Ma il suo seno rimase …

L’occhio sano di Christian si spalancò alla vista e gli fece perdere l’appiglio sul gomito sinistro per la grande sorpresa. La leggera caduta sulla sua schiena lo fece ancora sussultare per il dolore, ma almeno lasciò alla povera Ilaria il tempo di risistemarsi l’asciugamano.

"Ma ... che diavolo …" protestò mentre alla fine di tutto giunse ad aprire la porta.

"Finalmente! Stavo per chiamare il 911 …" disse Sean sarcasticamente.

"Bentornato!" rispose Ilaria, lottando ancora per tener chiuso l’asciugamano.

Sean scrutò Ilaria dalla testa ai piedi, poi lanciò un’occhiata al suo amico, che mostrava ancora in volto i segni del suo sforzo. Guardò nuovamente Ilaria con aria interrogativa. No ... non poteva essere vero ...

"Mi sono perso qualcosa di … *piccantee* qui?" domandò avvicinandosi al suo amico.

Christian aprì il suo occhio sano è lanciò un’occhiata di disappunto al suo socio. "Pensi davvero ... che io … potrei aver fatto … qualcosa a … questa ragazza … in queste … condizioni, Sean???" proruppe, muovendosi nel tentativo di ritrovare la sua posizione nel letto.

Ilaria accorse per aiutarlo. "Dannazione, Christian! E tu saresti un medico …" disse, quasi gridando "Vuoi proprio peggiorare adesso, non è vero?"
"Hey … stavo cercando … di rendermi utile … non ero sicuro ... che avessi sentito … la porta …" cercò di giustificarsi, lasciando che Ilaria lo aiutasse a sistemarsi. "Mi dispiace …"

Ilaria si fermò, abbassando lo sguardo, poi sospirò, sfiorandogli con la mano la guancia destra. "No, sono io che mi devo scusare. Non avrei dovuto alzare la voce …"

"Lascia perdere …" sorrise debolmente, poi il suo sguardò si fermò sul seno della ragazza. "Forse … un giorno … ti piacerebbe che io … ahem … te le tirassi … su un po’?"

Sean gli tirò una manata sulla spalla sinistra.

"Ahi … ma che ti prende???" piagnucolò Christian

Sean scosse la testa mentre spingeva Ilaria attraverso la porta. "Non crescerà mai … Andiamo, Ilaria, vieni in cucina, ti faccio vedere quello che ho comprato per te e per quel *povero piccolo bambino* …"


Sfortunatamente per Christian, il piccolo cuscino che giaceva pigramente sul lato sinistro del suo letto e che fu lanciato contro Sean non raggiunse il suo bersaglio, ma cadde miseramente sul pavimento.

Baci baci

Ilaria Cole
 
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15 replies since 8/11/2003, 15:34   1599 views
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