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Fanfic - Untold

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~Ecliptica
view post Posted on 24/6/2006, 19:42




Titolo: Untold
Autore: ~Ecliptica
Disclaimer:i diritti della maggior parte dei personaggi,eccetto quelli originali,sono dei rispettivi autori.
Premessa:Untold significa non detto,taciuto.Un segreto,una menzogna.Ma al contempo è infinito,immenso.Quale sarà il labile confine che divide un significato dall’altro?E soprattutto,esiste o i suoi contorni sono destinati a confondersi ineluttabilmente?


Prologo



I rami degli abeti simili a dita scheletriche danzavano nell’aere,sospinti da un lieve vento. Simili a spettri,rumoreggiavano rabbiosi scuotendo quel bianco manto nevoso che li appesantiva. Simili ad antichi guerrieri,pronti a difendere la quieta immobilità di quel loco,un bosco immerso nel silenzio,basso muschio odoroso e ruvide cortecce.
Immoto.
Nessuno doveva disturbare quel sonno apparente,e gli aghi i tendevano nell’aria frizzante,punte di lame pronte a squarciare il cielo.
Neve cadeva,morbida volteggiando nell’aria in fiocchi candidi,come sospesa,come danzante,incantevole.Un sol chiarore rischiarava l’orizzonte,premessa di un’alba imminente.
Un canto,una civetta,un uccello notturno,la dama della notte.Par urlare contro quel sole che appena si mostra,urlargli di ritirarsi,perdersi davanti alla bellezza della notte,ammettere la sua sconfitta,scappare.Smuove le ali,vola da un ramo all’altro,batte palpebre nere su occhi che appaiono umani,brillano le sue piume sotto quella luce improvvisa.
Poi,il silenzioso nulla.
Poco più in basso,la schiena contro una corteccia, le mani affondate nelle tasche di un ampio cappotto blu e una sigaretta fra le labbra,sostava lui,immobile nel mimetizzarsi con la natura perfetta.
«e chi l’avrebbe mai detto.. « è una voce stridula,gracchiante quanto quella di una cornacchia,ed altrettanto mostruosa all’udito.L’uomo vestito di blu notte si volge appena verso quella voce,inarca una sopracciglia e volge un mezzo profilo alla figura che pian piano gli prende forma innanzi,a poco a poco,come in frammenti,in piccole molecole svolazzanti che s’uniscono in un sol corpo,delineato,fatto.
Ancora non dice parola.
«Ehy,non si saluta un vecchio amico? « Ancora quella voce acuta,ancor quel verbo dalla cadenza tanto allegra quanto artefatta.Falsa.L’altro lo osserva ancora,una lunga occhiata fissa in quel lungo volto smunto,due occhi tondi,iridi nere e sottili quanto capocchie di spillo,una massa incontrollabile di capelli rossi,anche quelli non naturali:tinti,hanno un color simile alle carote.
«Buon giorno, Fin« finalmente,la sua voce.Parla,ed è un tono basso,morbido,da squagliare in bocca.Da mangiare quelle parole,assaporare contro il palato,perennemente.Si sciolgono come il burro,si fanno assaporare come un gelato in riva al mare e chiunque,immaginandosi nascosto dietro uno di quegli alti abeti,a far capolino dietro quel corpo legnoso,gli occhi spalancati per non lasciarsi sfuggire nemmeno un fotogramma di quanto sta per accadere,le orecchie tese ad assorbire ogni parola,ogni risvolto di quella voce sconosciuta,si perderebbe nella luce acerba che immerge il bosco,là,in quel limbo di fine notte,ed inizio giorno. «Vuoi scusarmi? Sto aspettando una persona.. « e poggia il piede destro sull’albero che ha alle spalle,rilassa ogni muscolo e con il capo va ad accarezzar il legno,riccioli corvini appena accennati contro quel tronco.Tranquillo,a fissare innanzi a se ed aspirare un’altra boccata di quel fumo,lasciando che la cenere cada a terra,portando la mancina a quel cappotto che noi sol possiamo immaginare così soffice sotto le dita,simile al pelo di un qualche gatto tanto superbo quanto magnifico.Sorride appena a Fin,mentre con la mancina toglie tracce quasi impercettibili di cenere da quel blu notte infinito,e par voler interrompere lì la mai iniziata conversazione.
Il rosso artificioso scuote il capo,è divertito.Fa un passo avanti,lungo,ad avvicinarsi.Sol uno,non ne azzarda un altro,ha percepito quel lieve movimento del capo dello sconosciuto,indolente come un gatto selvatico,gli occhi appena socchiusi,quel sorrisetto sbilenco stampato sul volto.Ed allora se ne sta immobile,spettina ancor più quel pel di carota che ha in testa,ciuffo senza ordine,oltre ogni legge gravitazionale.
«Lo so,aspetti me.. «
No,non se lo aspettava.Corruga la fronte,sorpreso.Lo squadra da capo a piedi,quel ragazzino.Getta la cicca a terra,un far lesto e stizzoso il premere con forza la suola di mocassini illibati contro quella sigaretta ormai giunta al termine,senza pietà. « Tu? «
«Certo,io.. «parrebbe orgoglioso,perfino pomposo nell’aggiustarsi la giacca di finta pelle sulle spalle,una pacchiana camicia sotto,a quadri.Giallo e verde,degni di un ipnotizzatore. « Medea mi ha mandato da te.Ha mandato me da te.Me,da te.A te,me.. «
Un gesto schietto e deciso della mancina ad interrompere quelle parole,un ricercare con la destrorsa un altro pacco di sigarette nella tasca interna del soprabito.Ecco,lo fissa di nuovo,con attenzione,meticolosità.Gli si è avvicinato ed ora gli sta a poco più di un metro di distanza.No,ancor meno.Non sorride quel volto simile a una maschera,anche la sorpresa è scomparsa dai decisi lineamenti maschili.Ed incombe su quel ragazzetto,portandosi un’altra sigaretta alle labbra,stringendola fra esse,chinando un poco il capo nell’accenderla,un baluginare opaco della fiammella,sol un attimo.Lo scatto dell’accendino,a chiudersi. « Medea ha mandato te,ottima mossa.. « sarcastico,non del tutto divertito,ma sarcastico.Tiene la sigaretta con la destra,tra indice e medio,come in equilibrio,la tiene innanzi al suo volto,stropicciandosi con il pollice del medesimo arto un occhio. «Senza offesa Fin.. «marca nel tono il nome,protende il busto verso il rosso «ma cos’è questo cambiamento? «
«Sei mancato molto,capo.. « anche lui marca una parola,ed è l’ultima.Gli porta rispetto,e vuole in tutti i modi dimostrarlo,non arretrando nemmeno di un passo.Un ghigno più che un sorriso nel volto. «E le cose cambiano.. « gli porge una busta,anzi,la ondeggia innanzi al volto di quell’uomo che par quasi un gigante rispetto a lui,vari i centimetri di differenza.L’altro la afferra celere,intrappolando fragile carta fra dita rapaci,quasi stropicciandola. «C o s a ,sarebbe cambiato? « Scandisce in maniera ritmica,sovrastandolo ancora,piegando la lettera e infilandosela in tasca
«Beh.. « titubante,incerto?Il mingherlino sembra in difficoltà,davanti a quello che gli sembra un gigante.China appena il capo indietro,sì da poterlo osservare in volto.Lo sguardo così fisso,duro,lo affonda con la rapida consapevolezza di una spada «Medea ha molta fiducia in te.. « parole sfumate,che degradano in un sol soffio confuso dal vento.Odore di paura.
«E perché non dovrebbe averne? « Una risposta immediata,secca,coincisa,a soffiargli il fumo acre della sigaretta in faccia,lì su quel ciuffo incorreggibilmente rosso,quelle lentiggini troppo marcate,quegli occhi troppo grandi.Si volta,sorridendo appena alla tosse dell’interlocutore,incamminandosi altrove,godendo delle urla di una civetta all’albeggiare.
«Belthazor,non deluderla.. « voce di corvo a sovrastare impudica il canto irato della regina della notte.Cole non si volta,prosegue innanzi in quella boscaglia,mentre il cielo inghiotte il fumo della sua sigaretta,aromatizzandolo d’eucalipto e quercia,inondando l’aria di quel profumo.
 
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